Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
17 set 2019

Avere un'identità europea non è xenofobia

di Luciano Caveri

La polemica è di qualche giorno fa e penso si possa dire che viene spenta da un intervento della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen su diversi giornali europei, "La Repubblica" per l'Italia. La denominazione del nuovo commissario nella Commissione europea, che si occuperebbe dello "stile di vita europeo", ha suscitato polemiche, perché strizzerebbe l'occhio ai nazionalisti xenofobi. La verità è che si tratta di una discussione insensata: l'estrema destra non c'entra. Ma soprattutto, questo "stile di vita europeo" non esiste così come è stato strumentalizzato nel suo significato reale, come vedremo. Così raccontava "Linkiesta" qualche giorno fa: "Il greco Margaritis Schinas, del partito di centrodestra Nuova Democrazia, ha preso il posto di Dīmītrīs Avramopoulos nella DG (Direzione generale) sulle migrazioni, con una novità: la denominazione è cambiata, e ora prende il nome di "Commissario per la Protezione dello stile di vita europeo". Apriti cielo, la polemica è subito scattata. La motivazione è che, accostando la competenza sull'immigrazione al termine "protezione" si strizzerebbe l'occhio all'estrema destra, rinsaldando la retorica xenofoba che vede nell'immigrazione una minaccia capace di minare le fondamenta della società europea".

Più avanti lo stesso articolo spiega come questa formula sia stata equivocata anche dai tanti commentatori critici sul punto: "A farlo ci ha pensato Matteo Villa, ricercatore dell'Ispi, in un thread su "Twitter": l'infelice uscita è semplicemente il frutto della spartizione e dell'accorpamento, nei giochi delle nomine, di diverse competenze fra i Paesi europei. In breve, all'atto di assegnazione dei commissari, sia Grecia che Svezia si sono contese la Direzione generale sugli Affari interni (che prevedono la delega all'immigrazione), avendo entrambe parecchio interesse sul tema: l'una perché "è stata al centro della crisi 2015-2016 e anche oggi continua a veder arrivare 50mila migranti irregolari all'anno", spiega Villa, l'altra perché "ospita un alto numero di rifugiati pro capite in Europa". Posto che la Svezia avrebbe perso l'importante DG Commercio, per non scontentare nessuno von der Leyen ha dunque deciso di affidare la DG degli Affari interni alla Svezia, ma lasciando comunque alla Grecia competenze sulle migrazioni, stabilendo che il commissario greco sia anche vice presidente, "poiché i vice presidenti hanno competenze più ampie, di supervisione e coordinamento". Così, Schinas vigilerà sulle DG Affari interni e Uguaglianza, con competenze anche su cultura, sport, istruzione e antiterrorismo. "In questo pastrocchio, che nome puoi dare a una vice Presidenza che comprende temi che vanno da istruzione e cultura, a migrazioni e integrazione, ad antiterrorismo e protezione da minacce esterne? "Proteggere il nostro stile di vita europeo". Et voilà!", scrive Villa". Oggi, come dicevo all'inizio, sul tema torna, a sua firma, la presidente della Commissione: «Lo scorso mese sono stati celebrati i trent'anni dal giorno in cui due milioni di cittadini degli Stati baltici si sono presi per mano e hanno formato una "catena della libertà" lunga più di seicento chilometri. Quelle immagini hanno evidenziato in modo toccante e con forza il lungo cammino che l'Europa ha percorso nell'arco di una generazione. Ma hanno dimostrato anche la forza unificatrice dei nostri valori comuni: libertà, uguaglianza, democrazia e rispetto della dignità umana. Questi valori e la nostra adesione ad essi costituiscono le nostre stesse fondamenta. Sono sanciti nel nostro Trattato e ci garantiscono le libertà di cui godiamo oggi. Definiscono e racchiudono il significato autentico della nostra Unione. Dovremmo essere fieri del nostro stile di vita europeo in tutte le sue forme e dimensioni e dovremmo costantemente preservarlo, proteggerlo e coltivarlo. Questo è il motivo per cui è uno dei sei principi guida dei miei orientamenti politici, che in luglio hanno ricevuto il sostegno del Parlamento europeo. Per la maggior parte delle persone "the European way of life", lo stile di vita europeo, non ha bisogno di spiegazioni: è semplicemente la realtà quotidiana. Ma chiaramente questa settimana si è acceso un dibattito sulle connotazioni e sulla sostanza del concetto. E' un fatto positivo. Ed è un dibattito che deve essere pubblico». Ed è quanto fa nel proseguo la stessa von der Leyen: «Per me, la migliore descrizione dello stile di vita europeo è quella racchiusa nell'articolo 2 del Trattato. Ciascuna di queste parole ha due aspetti. Per parafrasare le parole del presidente Kennedy, non dovremmo solo chiederci cosa fa la nostra Unione per noi, ma anche quello che possiamo fare noi per la nostra Unione. Ogni parola dell'articolo 2 evoca sia un diritto che un dovere per tutti noi, indipendentemente da dove veniamo e da dove viviamo nell'Unione». Per chiarezza ecco l'intero articolo, prima di proseguire: «L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini». Ancora la presidente: «Si tratta della concezione europea della vita. Si tratta di costruire un'Unione di uguaglianza, in cui tutti abbiamo le stesse possibilità di accesso alle opportunità. Si tratta di fornire alle persone le conoscenze, l'istruzione e le competenze necessarie per vivere e lavorare dignitosamente. Si tratta dell'accesso ai servizi di cui abbiamo bisogno e della consapevolezza di sentirsi sicuri nelle nostre case e nelle nostre strade. Si tratta di proteggere le persone più vulnerabili della nostra società. In ultima analisi, si tratta del nostro modo di vivere insieme. Lo stile di vita europeo si è affermato a caro prezzo e a fronte di grandi sacrifici. Non dovrebbe mai essere dato per scontato, perché non è né immutabile, né garantito per sempre. Ne è prova il fatto che viene messo in discussione ogni giorno da anti-europeisti all'interno e all'esterno dell'Europa. Abbiamo visto potenze straniere interferire nelle nostre elezioni dall'esterno. E abbiamo visto populisti nostrani che, scandendo slogan nazionalistici dozzinali, cercano di destabilizzarci dall'interno. Non dobbiamo permettere a tali forze di appropriarsi, snaturandola, della definizione di stile di vita europeo. Vogliono distorcerne il significato e trasformarlo nel suo contrario. Vogliono minare le nostre fondamenta e seminare la discordia tra di noi. Credono in una politica che si limita a segnalare problemi, piuttosto che risolverli. Dobbiamo combattere questo fenomeno. Le parole sono importanti, certamente. Lo riconosco. Per alcuni, l'espressione "stile di vita europeo" è un'espressione carica e pregna di significati politici. Ma non possiamo e non dobbiamo lasciare che altri ci privino della nostra lingua: anche la lingua fa parte di chi siamo. In altre parti del mondo esistono stili di vita diversi dal nostro. Tutti abbiamo le nostre tradizioni, i nostri sistemi di valori e il nostro modo di fare le cose. Ma tra tutti io sceglierò sempre lo stile di vita europeo - e la nostra Unione di solidarietà, tolleranza e affidabilità. Lo stile di vita europeo è sinonimo di ascolto e confronto reciproco alla ricerca di soluzioni che rappresentino il bene comune. Ed è precisamente questo che vorrei che facessimo insieme». Condivido e sottoscrivo. Ho viaggiato in tutti i Paesi dell'Unione e ritrovo ovunque valori, idee, pensieri che creano un idem sentire, declinato poi attraverso il filtro della propria cultura. Salvaguardare questo patrimonio, con o senza un'etichetta, è un dovere e basta con tempeste in un bicchiere d'acqua e cercare in ogni angolo puzza di xenofobia.