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04 set 2019

Tracotanza in politica contro i cittadini

di Luciano Caveri

Mi domando talvolta - leggendo certe biografie di personaggi della politica italiana - se studiare serva o se basti ed avanzi un pur rispettabile "cursus honorum" politico. E' sicuro, comunque, come alcuni - anche nei confronti delle promesse fatte agli elettori con quel patto morale stipulato all'atto del voto dei cittadini - ad un certo punto svoltino (talvolta mettendosi a guidare al contrario rispetto al senso di marcia) rispetto alle promesse sulle alleanze post voto, invocando sempre cause di forza maggiore ed eventi eccezionali. Questo è accaduto a Roma con l'alleanza giallo-verde e sta ricapitando con quella giallo-rossa ed è avvenuta ad Aosta con alleanze a fisarmonica con un'unica costante: fare quanto era stato detto fosse impossibile avvenisse agli elettori (in nome del logoro «bene comune»...).

Chi ha fatto studi classici (ero negato nelle versioni, ma la letteratura greca e quella latina mi sono sempre piaciute) si trova ad evocare per questa forma di "tradimento" della volontà popolare il concetto di "hýbris", che sta alla base del sistema di valori proprio del mondo greco arcaico. Il termine originariamente significava "violenza", "tracotanza" e si riferiva ad un comportamento particolarmente negativo, perché lesivo dell'onore altrui. L'uso giuridico si unisce poi alla valenza religiosa in parte indistinguibile: l'hybritès è colpevole involontariamente, perché spinto ad agire dal volere del fato. L'hýbris è un accecamento mentale che impedisce all'uomo di riconoscere i propri limiti e di commisurare le proprie forze: chi ha ambizioni troppo elevate e supera il confine posto dagli dei casca nell'hýbris ed incorre in quella che viene chiamata "invidia degli dei" ("fthònos theòn"). Nel caso in esame ho l'impressione che l'ira sarà quella degli elettori e già si è vista in chi non si iscrive più ai partiti e movimenti "ballerini" nelle loro strategie. Trovo che questa storia della tracotanza sia illuminante e come tale valida anche per chi ne sapesse poco. Lorenzo Vannucci su "Il Termopolio" comincia con dei versi celebri: «"Canta o dea l'ira di Achille, figlio di Peleo, rovinosa, che mali infiniti provocò agli Achei e molte anime forti di eroi sprofondò nell'Ade". Quasi tremila anni fa, nell'antica Grecia, la società era fondata su valori importantissimi che, per quanto ci possano oggi sembrare primitivi, caratterizzavano la "culla dell'Occidente". In una società aristocratica come quella descritta nell'Iliade, l'eroe incarna il valore - l'agathos (il buono) - in quanto valoroso combattente. Nel campo di battaglia è l'onore, il valore del guerriero a essere messo in gioco, la sua virtù ("aretè"). Il problema sorge, e l'Iliade ne è una delle espressioni più mature, quando si scontrano due eroi di pari o simile onore. "L'ira funesta del pelide Achille" esplode quando Agamennone, per mostrare la sua supremazia sul rivale Achille, gli toglie la schiava Briseide. La Hybris a sua volta provoca la Nemesi, ovvero la vendetta degli dei, che si scatena sul tracotante. Apollo si vendica di Achille aiutando la mano di Paride a prendere bene la mira con l'arco, facendo in modo che la freccia scoccata si conficchi nell'unico punto debole di Achille, vale a dire il tallone, e di Agamenone scatenando una pestilenza nel campo degli achei». Ricorda ancora Vannucci: «La condanna all'hybris era talmente radicata nella società greca da costituire uno dei temi più frequenti ed importanti della letteratura e della mitologia ellenica. Ne è un esempio il mito di Icaro (quintessenza della tracotanza, che nel suo desiderio di volare, cosa di per sé impossibile all'uomo, osa librarsi nel cielo più del consentito e, andando contro le parole del padre, che gli raccomandava gli volare basso, finisce per sciogliere le ali di cera), di Aracne, che sfidando Atena nella realizzazione di una tela finì per subire l'invidia di questa che la tramutò in un ragno». Aggiungerei qualche riflessione di Alessandra La Ruffa su "Treccani": «Chi erano questi uomini che si credevano migliori degli altri, pur non essendolo? Quale tremendo morbo o malattia affliggeva queste persone così tronfie e superbe tanto da essere considerate dagli dèi poco illuminate e poco giudiziose? I Greci utilizzavano la parola "ὕβϱις, hybris" per definire la tracotanza e la superbia che affliggeva questi individui. L'uomo che è accecato dal proprio ego e che si sopravvaluta, spesso prevaricando gli altri ed infangandoli, pecca di orgoglio e proprio per tale motivo a lui deve essere inflitta una pena. Poiché ha violato la legge umiliando gli altri e poiché si è ritenuta pari agli dèi, la persona altezzosa deve essere condannata e punita dalla legge terrena o da quella divina». Questa è la superbia dei politici che si spingono distanti dalle idee proclamate, dagli impegni assunti e che dimenticano le cose dette, contando sulla smemoratezza altrui. Certe affermazioni dei "pentastellati" contro i democratici e viceversa sono contenute in migliaia di dichiarazioni e la Rete ha buona memoria, come gli elettori. Se fossi la "Settimana Enigmistica" direi di cercare che cosa c'è di uguale nelle attuali alleanze valdostane in Consiglio Valle...