Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
29 ago 2019

La logica del "civile confronto"

di Luciano Caveri

Si discute talvolta in privato della stato della situazione in Valle d'Aosta fra coloro che - non siamo molti - si occupano di politica non limitandosi solo ad affannarsi per restare a galla attorno alle alchimie, in considerazione delle maggioranze ballerine in Consiglio Valle, che hanno dato vita a formule stravaganti con giustificazioni risibili, specie da parte di quelli che hanno la "coda di paglia". A ben vedere è il loro un esercizio più ginnico che intellettuale, viste certe capriole clamorose che schianterebbero al suolo anche un ginnasta olimpionico. Sarebbe bello poter discutere di più ed in un agone pubblico e non confinare tutto alla logica di "quattro amici al bar" nello spaccarsi la testa su come ripartire con un piede giusto, cosa che prima o poi dovrà avvenire per non finire in un burrone.

Il metodo? Osservava Luigi Einaudi in un suo scritto: «L'esercizio attivo della libertà sta nella discussione fra persone diverse (...) nella coesistenza non priva di lotta e di contrasto, tuttavia sempre nei limiti di un civile confronto, svolto nell'alveo di principi formali condivisi». Avverto forte la necessità che si sviluppi davvero - con questa logica dei principi condivisi - questo dibattito aperto su dove si voglia andare, perché seguire solo gli aspetti contingenti e gli affari correnti è una scelta asfittica e priva di quelle prospettive future che sono un investimento che non riguarda solo noi stessi e i nostri limitati orizzonti. Ci sono intanto - nel poco che si riesce a discutere - elementi su cui si concorda. Avviene , ad esempio, anche sulla base del dato oggettivo dagli iscritti alle forze politiche ridotti al minimo, con la constatazione di una crisi quasi irreversibile di partecipazione dei cittadini alla vita dei partiti e dei movimenti (tanti "generali" con poche truppe). Ed egualmente si concorda su come esista - lo si verifica ogni giorno in occasioni più o meno importanti - un decrescente interesse ideale per i temi dell'Autonomia, che suonano non tanto come estranei per scelta cosciente, ma vengono marginalizzati da una sorta di analfabetismo dovuto alla mancanza di strumenti reali di apprendimento. Questo pesa su molti cittadini di valdostani d'origine ed anche sulle persone che più di recente sono venute a vivere da fuori Valle e che hanno difficilmente la possibilità di capire in profondità le ragioni delle peculiarità storiche e delle ragioni su cui si basa l'Autonomismo, così come si è sintetizzato nello Statuto d'Autonomia. Quelle ragioni che hanno preceduto le norme giuridiche, che servono per risolvere problemi e fotografare necessità. In questi vuoti irrompono sulla scena le influenze della politica italiana che con il bombardamento della comunicazione fanno emergere nuovi soggetti ed anche la peculiarità politica valdostana si perde se non dimostra di essere in grado di proporre nuovi approcci e di prendere atto che bisogna sempre essere dinamici per adeguarsi ai cambiamenti. E questo dev'essere fatto perché la posta in gioco è altissima, come ha scritto Erich Fromm: «La democrazia può resistere alla minaccia autoritaria soltanto a patto che si trasformi, da "democrazia di spettatori passivi", in "democrazia di partecipanti attivi", nella quale cioè i problemi della comunità siano familiari al singolo e per lui importanti quanto le sue faccende private». Ho l'impressione che nella foulée delle vicende calde e partecipate del secondo dopoguerra si sia dato per scontato che i temi dell'Autonomia sarebbero rimasti presenti nella testa delle persone e trasmesse all'infinito di generazione dopo generazione ed a beneficio di chi sarebbe venuto a vivere in Valle e invece qualcosa si è inceppato. Bisogna sbloccare questo meccanismo nella ricerca di quei comuni denominatori che, mattone dopo mattone, danno il senso di appartenenza, che parte anzitutto dall'autostima, dal valore di ciascuno e del senso di far parte di un sistema. Ma il presupposto, come per tutto, resta la conoscenza, che sostanzia le fondamenta per costruire qualunque cosa che dimostri di essere resistente ed arginare i rischi di derive.