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01 lug 2019

Un caldo... cane

di Luciano Caveri

Mi è capitato più di una volta di trovarmi, in Valle d'Aosta come altrove, in un paesino, ed attaccare discorso con qualcuno con il tema più praticato nell'avvio di una conversazione: "il tempo", intendendo specificatamente quell'insieme delle condizioni fisiche atmosferiche (in sostanza lo stato meteorologico), che è fatto di temperature, stato del cielo, umidità, pressione atmosferiche, vento e tutto ciò che vi ruota attorno. Apro una parentesi sulla questione delle previsioni del tempo, che per me sono state incarnate fisicamente da due persone: il primo è stato Edmondo Bernacca che per la mia generazione era il meteorologo televisivo per definizione e, in Valle d'Aosta, Mario Pozzo, che faceva le previsioni all'aeroporto con il suo stile vintage con ironia anglosassone.

Sulla storia ho trovato sul blog "protezionecivile" il racconto interessante del meteorologo Filippo Thiery: «Fu proprio una terribile tempesta nel mare d'Irlanda fra il 25 e il 26 ottobre del 1859, capace di attivare raffiche di vento superiori ai 160 km/h e di far naufragare circa duecento navi, passata alla storia come la "Royal Charter Storm" (dal nome della perdita di maggiori proporzioni, quella della nave naufragata al largo delle coste nord-occidentali del Galles costata oltre 450 vite umane), a stimolare il vice ammiraglio Robert FitzRoy, diventato nel frattempo direttore dell'appena costituito Ufficio Meteorologico del Regno Unito (primo servizio meteorologico a sorgere sulla scena planetaria, ma a quel tempo angusto ufficio che si limitava ad archiviare le carte nautiche e ad annotare su un registro le osservazioni dei venti e delle piogge), nell'intuizione e nella scommessa di compiere lo storico salto: l'elaborazione e lo studio di carte che permettessero di capire in anticipo le condizioni del tempo, fino ad allora oggetto di mera osservazione e non di previsione, coniando quindi il rivoluzionario termine di "weather forecast" (una bestemmia, per l'epoca, accostare le due parole) e parallelamente - sfruttando la recente invenzione del telegrafo - sviluppando un sistema di comunicazione e di allertamento alle unità navali sulla situazione meteorologica prevista per il giorno dopo». E aggiunge più avanti: «Ma oltre ad essere - partendo appunto da esigenze di allertamento per la navigazione - il pioniere assoluto della meteorologia moderna e l'antesignano della branca previsionale di questa scienza, FitzRoy fu anche il primo a concepire l'idea di rendere le previsioni meteo disponibili al grande pubblico: nel settembre del 1860, iniziando a pubblicare giornalmente le sue previsioni sulle isole britanniche, il quotidiano "The Times" divenne il primo organo di stampa nella storia a proporre una rubrica di previsioni meteorologiche, che lo stesso vice ammiraglio presentava sotto la dizione "General weather probable during the next two days", introducendo in maniera incredibilmente pioneristica un concetto che ancora oggi, nel XXI secolo, fatica ancora ad essere compreso, ovvero quello di previsione da interpretare come scenario di maggiore probabilità, e non come informazione certa e dogmatica, su ciò che accadrà». In realtà se questo passaggio è stato l'avvento del metodo scientifico e della divulgazione delle notizie, oggi tema di attenzione quasi maniacale nella consultazione quotidiana e in vista delle vacanze, va ricordato come in ambito locale - pensiamo ai proverbi in francoprovenzale - non esiste paese in cui, riferendosi aspetti di geografia del posto, esista un sapere tramandato di generazione in generazione, che ha costruito una saggezza che riesce a decriptare gli avvenimenti atmosferici. In queste ore la curiosità e l'attenzione riguarda l'ondata di caldo africano che sta investendo gran parte dell'Europa e "scalderà" anche la Valle d'Aosta, tra l'latro vanificando quelle nevicate primaverili che aveva vivificato di neve i nostri ghiacciai alpini. In poche ore - mi spiegava il climatologo Luca Mercalli - riferendosi in particolare ai ghiacciai del Gran Paradiso, un mezzo e mezzo di neve si scioglierà per via del grande calore del tutto eccezionale. Vengono così smentiti gli avversari della teoria del cambiamento climatico che contestano le responsabilità umane del riscaldamento globale, considerandolo come un avvenimento ciclico trascurabile. Invece, purtroppo, la questione è fondata e trasformerà le Alpi in pietraie, cambierà flora e fauna, così come le condizioni di vita umane, specie in territori secchi con scarse precipitazioni come la nostra Valle. Chi non ci ragiona lo fa ormai a proprio rischio e pericolo. Intanto affrontiamo la "canicola", che ha una curiosa etimologia, essendo un diminutivo dal latino "cane, cănis -is", nome della stella Sirio della costellazione del Cane, la cui levata coincide in agosto con quella del sole ed è associata al caldo intenso. Ma qui siamo solo a giugno...