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24 giu 2019

Un gigantesco gong

di Luciano Caveri

Le Istituzioni dell'Autonomia speciale sono in crisi. Lo è il Consiglio regionale, lo è la Giunta, lo sono gli Eenti locali. Non è solo una questione di soldi, anche se le norme derivanti dal "Patto di stabilità", da me denunciate sin dalla loro origine, hanno impoverito le casse regionali e comunali e senza risorse sufficienti tutto diventa più difficile. Torto di chi, rappresentando la Valle a Roma e chi ha governato nell'ultimo decennio ad Aosta, non ha saputo bloccare questa emorragia finanziaria. Ma quelle che non hanno più funzionato sono la coesione sociale e quella politica e la responsabilità di partiti e movimenti politici non è indifferente e non a caso sono in mancanza di militanti, anche chi stupisce alle urne.

Cominciamo dalla coesione politica e da due annotazioni. La prima - semplicissima - è che dopo l'apice del successo delle elezioni regionali del 2003 dell'Union Valdôtaine con diciotto consiglieri, maggioranza relativa - si è creata una progressivo spappolamento del Movimento in mille rivoli, oggi ben visibili persino all'interno del movimento in crescita, la Lega (in Valle da ventisei anni in modo organizzato, a partire dal marzo del 1993, quando Umberto Bossi diede l'ok alla presenza nella Regione autonoma). Una coesione politica frutto - tanto per essere chiari - della strategia del "divide et impera" del dominus di quegli anni, Augusto Rollandin, oggi in ombra, che usava le persone secondo i propri calcoli, riuscendo sempre con un'energia inaudita a restare il pivot del sistema. L'avvelenamento dei rapporti personali, proseguito nel tempo, ha reso difficile il dialogo e quando ci sono stati riavvicinamenti, come quello di cui si parla oggi, è stato più il frutto di scelte verticistiche di spartizione dei posti di comando che una sincera e popolare ripartenza alla ricerca delle radici comuni. Ma questo fenomeno ha visto in contemporanea e anche come causa/effetto un rilassamento della coesione sociale, che diventa anche diserzione dalla cittadinanza attiva. Non mi metto a fare il piazzista dei valori della valdostanità: chi mi conosce sa che mi fanno sorridere quelli che parlano di "Autonomia identitaria" o di "etnismo", trattandosi di punti di vista che al posto di aprire la comunità la rinchiudono in un recinto. Anche se vale in negativo anche l'inverso e cioè la volontà di svendere la propria anima e questo sarebbe di una gravità inaudita, come si vede anche dai segnali d'infiltrazione mafiosa. L'identità è, comunque, un fenomeno sfuggente, perché dinamica per definizione, cambiando ad ogni piè sospinto in un mondo aperto e globalizzato. La forza vera di una comunità sta nell'introitare ogni stimolo esterno, avendo però la forza di trasformare e digerire tutto, dando un proprio tocco di originalità e senza perdere i propri fondamentali. Altrimenti giochiamo al museo delle cere di un passato che non c'è più e la forza della Storia sta nell'evitare la nostalgia, che scalda il cuore ma serve a poco per progredire. Questa tenaglia, derivante dai due fenomeni, ha portato anche ad un indebolimento delle istituzioni autonomiste e paradossalmente questo coincide con la massima libertà di legiferare sia in materia elettorale che di forma di governo sulla base della riforma statutaria legata all'aria di rilancio del regionalismo dell'inizio degli anni Duemila, cui contribuii io stesso in Parlamento. Ebbene, bizantinismi e piccole lotte di campanile ci hanno condotto all'instabilità politica con equilibrismi da brivido per avere maggioranze solide in Consiglio Valle e a peggiorare il quadro ci sono state scelte degli elettori di premiare alcuni candidati che, una volta eletti, hanno dimostrato la loro inconsistenza. Per non dire di chi dimostra di essere una banderuola che sventola con tutti i venti. Eccoci dunque, come in un feroce "gioco dell'oca" con molte trappole che ti fanno ripartire da capo, in un momento di difficoltà senza eguali, cui si aggiunge la drammatica presenza dei "social" - potenzialmente grande strumento di partecipazione - che sembrano diventati la stanza degli specchi deformanti di un luna park, che accentua più i difetti e le divisioni, mentre mancano momenti di discussione e di armonia che mettano assieme tesi diverse per poi confluire in soluzioni. I dibattiti eterni, dal vivo e sulla Rete, non servono se non si arriva, infine, da qualche parte. Le nuove tecnologie sono una meraviglia, ma basta pensare alla deformazione dei dibattiti politici in Consiglio Valle, ormai fatti ad uso del pubblico (per altro quattro gatti) che segue sul Web, che sono all'insegna di urla e strepiti, quando il compito centrale dell'Assemblea sarebbe fare buone leggi, che tengano conto del particolarismo valdostano. Mentre, invece, siamo al ring con lottatori di wrestling che si menano davvero e purtroppo anche per finta. Penso si sottostimi quanto sia stufa la popolazione. Ci vorrebbe, prima che il livello di guardia venga superato con un punto di non ritorno, un gigantesco gong che dall'alto di una montagna risuonasse in tutta la Valle e ponesse un attimo di tregua fra coloro di buona volontà che per fortuna ci sono. Non si tratta di fare "carne di porco" del passato, perché diffido di chi parla dell'Autonomia dal 1945 ad oggi come di un insieme di schifezze, ma neppure di difendere l'indifendibile, come precondizione per sedersi a tavoli che non siano truccati. L'alternativa è il degrado e probabilmente il naufragio del sogno autonomistico.