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24 giu 2019

Seduto sulla panchina

di Luciano Caveri

L'altro giorno ero seduto in una parte del brutto e sciatto parco giochi per bambini di Saint-Vincent, che a loro va benissimo lo stesso perché gli basta e avanza per stare assieme, e solo gli occhi di un adulto ne avvertono l'oltraggio ad un loro diritto. Trovo, infatti, in premessa, che nulla più dei parchi giochi risulti essere un marker interessante dell'attenzione dei Comuni per i cittadini più piccoli, che hanno i loro sacrosanti diritti e ci sono Comuni minuscoli che li soddisfano meglio di alcuni più grandi. Comunque sia, ero su di una panchina a crogiolarmi al sole primaverile - che quando c'è bisogna goderselo, in questa primavera ancora più balzana di quanto si dica - ed un amico mi si avvicina, apostrofandomi con facile sfottò: «Fai il pensionato in panchina?».

Ho risposto svelto: «No son qui che mi alleno per quando, davvero in pensione, andrò a vedere i cantieri e seguirò i lavori con interesse e perizia». Questo luogo comune dei pensionati che fanno da assistenti di cantieri o da "direzione lavori" è una presa in giro maligna, ma non molto distante dalla realtà di quel "dolce far niente" che è anch'esso un diritto e che andrebbe coltivato nei momenti frenetici della vita. In verità - non solo perché non ho intenzione di andare in pensione anzitempo - in quel momento in cui sono stato interrotto stavo astrologando fra me e me, accompagnato dall'andirivieni di bambini più o meno piccoli, compreso il mio, con un loro chiacchiericcio garrulo che al momento ruotava attorno ad una serie di sfide a nascondino, che mi accendeva il pulsante della memoria e pure di un forma dolce di rimpianto. Era forse questo che voleva dire Robert Musil quando scriveva: «L'istante non è altro che il punto di malinconia tra il desiderio e la memoria». Pensavo a due cose. La prima è più romantica che concreta ed è quanto sia bella per i bambini (e dall'altra parte della barricata per gli insegnanti) l'aria di allegria di questi ultimi giorni di scuola, specie se piccoli e dunque senza l'eventuale ansia di bocciature (confesso che mi sono perso se siano state, ma penso di sì, ripristinate le materie da recuperare a settembre, se rimandati). E' vero che nella vita, che resta per fortuna costellata da momenti gioiosi cui abbeverarsi per contrastare quelli cupi, ci sono attimi fuggenti così difficili da cogliere quando li si vive, con buona pace di chi - essendoci già passato - ti dice di prestarci attenzione e goderseli a fondo. La seconda come certi luoghi di aggregazione, come appunto i parchi giochi ma anche la pletora di proposte estive di "campi scuola", siano un momento prezioso, perché sostitutivo per tantissimi - per via della crisi demografica e delle paure dei genitori - di quella logica di bande da cortile che un tempo erano il fulcro, specie d'estate, di riti di passaggio che ci facevano crescere ed aumentare piano piano il nostro tasso di autonomia personale. Questa storia dell'autonomia tinta d'indipendenza, legata alla responsabilità come genitore mi ha sempre interessato ed è uno sforzo riuscire conciliare il senso di protezione e l'allungamento di una sorta di rassicurante tutela con i propri figli con il dovere di spingerli fuori dal nido, com'è ovvio nel ciclo della vita. Adolescenze infinite e quarantenni definiti "giovani" di default rischiano di essere figure grottesche con esiti pericolosi di fronte alla benedetta assunzione delle proprie responsabilità.