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12 giu 2019

Agricoltura incompresa

di Luciano Caveri

Il tema, in verità, non è nuovissimo, ma ci sono sempre elementi ulteriori che non finiscono mai di stupire, nel rapporto - come dire? - fra il mondo agricolo e chi, in zona agricola, ha scelto di avere la propria residenza fissa o temporanea, come nel caso dei turisti. Malgrado tutte le accortezze possibili, ci sono odori e rumori rurali, direi in generale "di paese" che sono connessi all'ambiente e non estranei ad esso e questo i protestatari dovrebbero capirlo prima di scegliere dove andare ad abitare per poi protestare. Ricordo mio papà - veterinario - quando partiva prima dell'alba per il suo giro nelle stalle e tornava a casa lavandosi da capo a piedi, perché certo dalla stalle - quelle che lui frequentava sin dagli anni Cinquanta per lavoro - non è che si uscisse profumando di lavanda. E più le stalle sono diventate grandi e più certi problemi - penso ai letamai - sono diventati argomento serio per l'impatto con le zone vicine. Per non dire delle mandrie di animali che si spostano verso i prati e ritorno e che, in assenza di pannoloni, lasciano le proprie tracce sulla strada.

Ma non è solo questo o neppure problemi macroscopici come quello del lupo nel rapporto fra allevatori preoccupati e "cittadini" che tengono sempre e solo per il predatore, ma c'è chi ha cominciato - penso ad un caso in Svizzera - ad obiettare sui campanacci al collo delle mucche e giuro di avere sentito chi si lamentava per il rumore di una fontana di villaggio (sul "no" alle campane della chiesa esiste già ampia giurisprudenza). La "France Presse" racconta ora questa storia che evidenzia una reazione singolare: «Le maire de Gajac, en Gironde, lance un cocorico d'alerte: dépité de voir des ruraux traînés en justice pour le braiment des ânes, le meuglement des vaches ou le chant du coq, il veut faire classer les bruits de la campagne au "patrimoine national"». Il seguito può apparire degno della penna di un Giovannino Guareschi: «Illustration: le coq Maurice est le sujet d'un litige entre sa propriétaire et des voisins, qui lui reprochent de chanter de trop bon matin. Une affaire que la justice doit examiner jeudi à Rochefort (Charente-Maritime), en l'abstence du gallinacé, "fatigué" et "traumatisé" selon sa propriétaire. C'est ce type de contentieux pour troubles du voisinage qui fait déchanter Bruno Dionis du Séjour. L'édile de Gajac, 400 habitants, a profité du "grand débat national" pour publier une lettre ouverte défendant les bruits de la campagne, que certaines personnes, "d'origine urbaine pour la plupart", "découvrent comme le sot découvre que les œufs ne se cueillent pas sur les arbres". Son but? Que le coq chante, la cloche de l'église résonne, le chien aboie et l'oiseau pépie en toute liberté: "Sans qu'aucun procès ne puisse à compter de ce jour leur être intenté"». Sottoscrivo e condivido, pensando - nel caso valdostano - come le radici più profonde (basta scorrere il nostro Statuto d'Autonomia e le materie trattate) risiedano in quel mondo agricolo che oggi - lo so bene - è diventato minoritario sia in termini numerici che in termini di "Pil", ma non è il numero e non sono i soldi che contano, per fortuna, in questo mondo. Ancora l'articolo: «"Dès que vous attaquez les cloches, vous attaquez tout un village", tranche le maire. Selon lui, "c'est une humiliation pour le campagnard de passer en justice à cause de quelqu'un qui vient de l'extérieur. Moi quand je vais en ville, je ne demande pas qu'on enlève les feux rouges et les voitures...". "J'ai été éleveur pendant quarante ans et je supporte mal qu'il y ait des procès contre les agriculteurs, qui entretiennent l'espace paysager français", dit le septuagénaire. "Je ne vois pas l'intérêt de leur reprocher que leurs vaches meuglent trop". "Et les grenouilles, pourquoi croassent-elles? Pour se reproduire! Tout le monde est pour la biodiversité et les animaux n'auraient pas le droit de se reproduire tranquillement...". En 2016 pourtant, un couple de Périgourdins s'était vu condamné à combler sa mare après avoir été assigné en justice par des voisins». La sfida della comprensione reciproca non è banale ma essenziale. La campagna come la montagna coltivata (penso agli alpeggi ma anche ai boschi) non sono frutto della Natura lasciata a sé stessa, ma di una Natura modellata dalla presenza umana, che interviene laddove necessario e basta pensare alla regimazione delle acque che evita il dissesto idrogeologico di ampie zone a rischio. Non c'è in questo nulla di retorico, tipo agricoltore "giardiniere della montagna", che sembra volare fra le nuvole, perché siamo invece di fronte a problemi seri, come si vede dal bosco impazzito che si mangia i prati, dall'abbandono dei campi in vaste zone dove nessuno sfalcia, dalle canalizzazioni senza più manutenzione. Resta poi il dramma del diffuso spopolamento delle zone che finiscono per essere ulteriormente marginali e non solo in quella mezza montagna a suo tempo evocata dal geografo Bernard Janin. Per questo chi se la piglia con odori e rumori dovrebbe fare uno sforzo di comprensione e forse di comprendonio.