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08 mag 2019

1° Maggio, Lavoro, Costituzione

di Luciano Caveri

Visto che in molti ormai considerano certe le feste nazionali - lo abbiamo visto con il 25 Aprile - come occasione per fare polemica, eccoci al 1° maggio con la sgradevole sensazione che si voglia buttare a mare anche la "Festa del Lavoro", immagino con l'accusa di essere roba comunistoide, vista l'attuale svolta in corso che intende abbattere qualunque totem, senza troppe distinzioni. Intendiamoci bene: forse più di altre feste nazionali quella di oggi ha perso ogni carica emotiva reale, pur essendo il tema del lavoro o meglio della disoccupazione, della sottoccupazione e del precariato un grumo malsano ben esistente. Aveva ragione Sandro Pertini nel dire che «gli affamati ed i disoccupati sono il materiale con il quale si edificano le dittature» ed oggi diremmo "acqua" in cui nuota quel populismo che si impadronisce della scena per merito proprio e demerito altrui. I sindacati sono in crisi nera, erogatori più di servizi che di diritti, con manifestazioni piccole e anacronistiche in ambito locale e il famoso "concertone" a piazza San Giovanni a Roma, che è ormai anch'esso un vecchio arnese.

Ricordo che si celebra la "Festa del lavoro" o dei lavoratori per quanto avvenne a Chicago a partire dal 1° maggio del 1886, quando iniziò uno sciopero generale. Tre giorni dopo, ci fu una e propria vera battaglia tra lavoratori e agenti di polizia in cui persero la vita undici persone che protestavano. Tre anni dopo, a Parigi, durante il primo congresso della Seconda Internazionale (l'organizzazione creata dai partiti socialisti e laburisti europei) fu lanciata l'idea di una grande manifestazione per chiedere alle autorità pubbliche di ridurre ad otto ore la durata della giornata lavorativa. Venne scelto per l'episodio luttuoso già citato quel primo di Maggio, che divenne negli anni un simbolo, trasformatosi con il passare degli anni e ben vediamo che cosa sia oggi. Fatto sta che dal 1947 la "Festa del lavoro e dei lavoratori" divenne ufficialmente una festa nazionale italiana, e poi la Costituzione confermò il ruolo centrale del lavoro nel proprio articolo 1 comma uno: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro". Con un secondo comma: "La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Seguirne la storia, proprio nei lavori della Costituente, mostra come quella norma che apre la Carta fondamentale si sia trasformata nel corso del confronto. Il 18 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione approva il seguente articolo: "Il lavoro e la sua partecipazione concreta negli organismi economici sociali e politici è il fondamento della democrazia italiana". Il 28 novembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione approva il seguente articolo, che sostituisce quello approvato il 18 ottobre 1946: "Lo Stato italiano è una Repubblica democratica. Essa ha per suo fondamento il lavoro e la partecipazione concreta di tutti i lavoratori all'organizzazione economica, sociale e politica del Paese". Il 3 dicembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione approva il seguente articolo: "«La sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento giuridico formato dalla presente Costituzione e dalle altre leggi ad essa conformi. Tutti i poteri emanano dal popolo che li esercita direttamente o mediante rappresentanti da esso eletti". Il 22 gennaio 1947 la Commissione per la Costituzione in seduta plenaria approva il seguente testo: "L'Italia è Repubblica democratica". Il 24 gennaio 1947 la Commissione per la Costituzione in seduta plenaria approva il seguente articolo: "L'Italia è Repubblica democratica. Essa ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del Paese. La sovranità emana dal popolo e si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi". Infine il già citato testo definitivo del Progetto di Costituzione elaborato dalla Commissione: "Articolo 1. L'Italia è una Repubblica democratica. La Repubblica italiana ha per fondamento il lavoro e la partecipazione effettiva di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. La sovranità emana dal popolo ed è esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi". Il 22 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente approva l'articolo 1 nella sua forma definitiva: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Chiudiamo con tre frasi sul lavoro. Vola alto Kahlil Gibran: «Vi è stato sempre detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura. Ma io vi dico che quando lavorate compite una parte del sogno più avanzato della terra, che fu assegnata a voi quando quel sogno nacque. E che sostenendo voi stessi col lavoro amate in verità la vita, e che amare la vita nel lavoro è vivere intimamente con il più intimo segreto della vita». Iniezione di realtà con Adriano Olivetti: «Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva, non giovi a un nobile scopo». Ironico Leo Longanesi - e lo sarebbe di più sapendo come certe feste ormai sono per alcuni solo dei "ponti" - quando sferza: «Una società fondata sul lavoro non sogna che il riposo».