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19 ott 2018

Ridere per pensare contro le Mafie

di Luciano Caveri

In questo periodo ed ormai da qualche settimana sono senza televisione. Mi sono trasferito di casa e - per via di una storia di allacciamenti alla fibra ottica - non ho ancora collegato l'apparecchio. Ragion per cui guardo la televisione su un tablet, comportandomi cioè come fanno molti ragazzi, che si costruiscono la loro programmazione personale via Internet nella logica del podcasting con cui si rivedono - in un "on demand" casalingo - le registrazioni delle trasmissioni. Così - per caso, grazie alla segnalazione di mio fratello - sono finito su di una sitcom geniale. Una premessa, però, è d'obbligo. C'è un celebre motto che suona così: «Una risata vi seppellirà». Anzi, a dire il vero, l'espressione è più complicata: «La fantasia distruggerà il potere ed una risata vi seppellirà!».

Lo slogan sessantottino compie cinquant'anni, ma a essere precisi era già motto anarchico di fine '800 (pare usato come slogan dagli anarchici arrestati), venne all'epoca riesumato per la prima volta in Italia sui muri della facoltà di Lettere dell'Università di Roma, diventando virale e poi traslato infine come mot d'ordre dal movimento studentesco del 1977. Seconda premessa: la criminalità organizzata in Italia è una questione serissima. mafia, 'ndrangheta e camorra hanno storie secolari modernizzatesi con efficacia, cui si sono aggiunte altre "mafie" di diversa provenienza, che hanno messo radici e queste radici si intersecano fra di loro. Nel caso dei malavitosi tradizionali del Sud va ricordato come abbiano trovato, purtroppo, terreno fertile nel resto d'Italia e anche nel mondo. E' un fenomeno serissimo e grave, in gran parte ben presente e fa sorridere quando ci si concentra su questioni piccole (pensiamo al caso dei migranti nel piccolo comune calabrese di Riace, per quanto simbolico), quando invece il cancro della criminalità organizzata inquina intere Regioni italiane. Qui entra in scena la situation comedy di cui parlavo, grazie alla genialità di Antonio Albanese. Traggo da "Coming Soon": «Nato a Olginate, in provincia di Lecco, il 10 ottobre 1964, Antonio Albanese ha dapprima lavorato in alcune radio locali, decidendo di intraprendere la strada della recitazione solo più tardi, quando si iscrive alla "Scuola d'arte drammatica Paolo Grassi" di Milano. Diplomatosi nel 1991, si indirizza verso la comicità, esibendosi in monologhi di questo genere sui palchi di alcuni locali tra Milano e Bologna.In televisione approda con il cabaret su Canale 5 con il "Tg delle vacanze", per poi essere ospite fisso al programma satirico "Su la testa!" (1992). Il successo Albanese lo raggiunge in "Mai dire gol", dove porta in scena una serie di personaggi comici, maschere divenute celebri grazie ai loro monologhi pieni di satira e humor. Nel 1993 esordisce al cinema con un piccolo ruolo in "Un'anima divisa in due" e, dopo essersi concentrato maggiormente sul teatro, riceve il suo primo ruolo da protagonista nel drammatico "Vesna va veloce" (1996), per il quale viene nominato ai "David di Donatello" e ai "Nastri d'argento". Nello stesso anno debutta alla regia con la commedia "Uomo d'acqua dolce" (1996), di cui è anche il protagonista, esperimento ripetuto nel 1999 con "La fame e la sete", dove Albanese interpreta tre personaggi già presentati in televisione negli anni precedenti. Negli anni Duemila continua a prendere parte a programmi satirici, così come intraprende il filone di film comici, fra i quali spicca nel 2011 il personaggio lanciato a "Che tempo che fa" (2007), Cetto La Qualunque, prima con "Qualunquemente", poi con "Tutto tutto niente niente"». Negli anni successivi prosegue il suo cammino artistico sempre al cinema con pellicole di successo. Com'è avvenuto per il Fantozzi di Paolo Villaggio, anche Cetto La Qualunque - politico meridionale arruffone, disonesto e furbo, oltreché ignorante come una scarpa - è diventato proverbiale e mai come di questi tempi questo suo idealtipo risulta efficace perché aderente alla realtà (reddito di cittadinanza?). Ma eccoci a "I topi", graffiante comedy, che racconta con un tono grottesco che fa pensare la vita dei latitanti di mafia raccontata utilizzando il ridere amaro o di gusto, con l'intento di far emergere il ridicolo e l'assurdità di quella condizione sugli schermi di "Rai3". Albanese interpreta Sebastiano, latitante che trascorre le sue giornate nascosto in una villetta del nord Italia (dove però è capobastone di una folta comunità di immigrati con la complicità di politici locali, cioè la fotografia della Lombardia), dotata di molte telecamere, passaggi segreti e l'immancabile bunker interrato. Grazie a questa abitazione strategica, Sebastiano è da anni invisibile alla Polizia e porta avanti i loschi traffici della sua impresa edile grazie alla complicità della famiglia composta dalla moglie Betta (una lunare Lorenza Indovina), la primogenita Carmen (Michela De Rossi), studentessa universitaria poi prima laureata della famiglia, spesso in conflitto col padre (si fidanza con un magistrato!), e Benni (Andrea Colombo), il diciassettenne un po' stupido e con velleità culinarie (e la paura del padre che sia gay). Nel bunker ci sono anche i surreali zii Vincenza e Vincenzo, accanita scommettitrice sulle corse di cavalli lei e capostipite mafioso lui che vive da dodici anni nascosto nel sottosuolo all'ascolto di "Isoradio", come unico collegamento con il mondo, oltre ad un citofono con i piani superiori. Albanese ha studiato con attenzione queste "maschere", nate in sostanza da una di quelle scoperte di case di mafiosi che contenevano passaggi segreti e nascondigli ricavati in intercapedini o sotto le cantine, dove vivevano i latitanti, spesso ricercati in zone remote, quando invece restavano - come topi - in casa loro. «Sono partito da un fatto di cronaca per raccontare attraverso l'ironia e il paradosso questa famiglia ignorante - ha spiegato infatti il comico in un'intervista - mi interessava dare solarità a questi personaggi che vivono al buio, e senza accorgersene, in prigione». Aggiungendo: «Sebastiano non è nulla: è un uomo rassegnato a vivere come un reietto, che manda avanti gli affari di famiglia da una casa blindata. E' stupido, maschilista e maleducato. E' un uomo che formalmente non è in galera, ma è come se lo fosse ». Ridere per pensare, come può avvenire con una recitazione magistrale, che mette alla berlina manie, tic, vizi e la pochezza culturale di un mondo meschino e violento fatto di dominatori e dominati, colpendoli tutti al cuore.