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06 ott 2018

Le Stagioni di un tempo

di Luciano Caveri

In fondo il ciclo della Natura, che noi esseri umani con buona pace degli specisti abbiamo diviso in Stagioni, va preso per quello che è: una ripartizione del tempo, che non sempre sta nelle categorie che assegniamo loro. Per cui, forse dai tempi delle caverne, ci lamentiamo del clima cangiante che agisce sulle nostre vite e sulle nostre abitudini. Anche se so che non tutti ci credono, questa volta - ad agire in maggior profondità dei sempre esistiti cambiamenti, che nel caso valdostano hanno inciso in profondità sull'esistenza stessa del nostro territorio - ci sono mutazioni che non sono solo frutto di meccanismi legati al nostro pianeta e che hanno percorso milioni di anni, ma è l'umanità con i suoi comportamenti ad avere agito assecondando il riscaldamento globale nel breve volgere di pochi anni. Una brutta bestia che agisce con velocità impressionante e conseguenze disastrose, come nel caso valdostano la pericolosa e non distantissima sparizione dei ghiacciai.

Per cui, almeno per ora, godiamoci quello straccio di stagioni che restano con quella rappresentazione tradizionale ormai non sempre corrispondente alla loro descrizione come avveniva nei vecchio sussidiari scolastici. Erano le maestre a chiederti nelle interrogazioni quali fossero, tratte dalle pagine di quei primi libri, le caratteristiche della primavera, dell'estate, dell'autunno e dell'inverno. Ho l'impressione che - plastico esempio di quei cambiamenti che abbiamo sotto gli occhi - determinate certezze stiano mutando e bisogna prenderne atto. Sarà comunque per abitudine o per partito preso il mio modello di osservazione resta quello tradizionale e devo dire - forse perché sono accomodante - che in ogni stagione trovo dei pregi e sono portato, per natura, a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno nella loro osservazione. Così l'autunno. Ha scritto Herman Hesse in una sua poesia: «Ogni fiore vuol diventare frutto, ogni mattino sera, di eterno sulla terra non vi è che il mutamento, che il transitorio. Anche l'estate più bella vuole sentire l'autunno e la sfioritura. Foglia, fermati paziente, quando il vento ti vuole rapire. Fai la tua parte e non difenderti, lascia che avvenga in silenzio. Lascia che il vento che ti spezza ti sospinga verso casa». Gli fa eco, idealmente, François Coppée: «C'est l'heure exquise et matinale Que rougit un soleil soudain. A travers la brume automnale Tombent les feuilles du jardin. Leur chute est lente. On peut les suivre Du regard en reconnaissant Le chêne à sa feuille de cuivre, L'érable à sa feuille de sang. Les dernières, les plus rouillées, Tombent des branches dépouillées ; Mais ce n'est pas l'hiver encore. Une blonde lumière arrose La nature, et, dans l'air tout rose, On croirait qu'il neige de l'or».