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26 ago 2018

Dietro la strada di Cogne

di Luciano Caveri

Confesso di non riuscire a stare dietro alla vivace (quarantuno volumi!) produzione libraria di Mauro Caniggia Nicolotti (da solo, come questa volta, o con il suo co-équipier letterario, Luca Poggianti), che dimostra un'attitudine prolifica nell'indagare vicende e personalità valdostane assai varie, ma viene realizzato con condivisibile logica divulgativa, senza nulla togliere alla competenza e all'accuratezza. Essere sintetici e accattivanti - specie nell'epoca di linguaggi digitali che aborrono gli sproloqui - è una grande dote e si aggiunge anche all'attività di conferenzieri del duo "Caniggia - Poggianti". Scritto e orale che dimostrano una cosa importante, visto il successo di pubblico: sia i valdostani che i turisti più affezionati sono partecipi e incuriositi da certi discorsi storici e geografici, che aprono squarci - in un filone di manifesta prospettiva autonomista - sul passato della Valle d'Aosta quale presupposto per capire il presente e i due autori - che mi onorano con la loro amicizia - sono ben coscienti delle molte cose da fare affinché la Valle abbia un futuro roseo e non funebre.

Quale sia il tema del libro è subito desumibile dal titolo "La strada di Cogne. Cent'anni di corse, duemila di difficoltà". Si capisce quanto sia profondo lo scavo - con un interessante apparato iconografico - attorno ad un tema: la necessità di una strada degna di questo nome è un filo conduttore che ci porta dalla storia più antica fino alla sua realizzazione un secolo fa. Sappiamo poi che da lì in poi - mi permetto di annotare - il problema sono diventate le migliorie e soprattutto la sfida nel tenerla aperta fra valanghe e frane e i cambiamenti climatici attuali, con il permafrost che si scioglie, che rendono tutto più instabile. D'altra parte proprio la situazione orografica della vallata ha sempre connotato il percorso per nulla semplice, anche se poi - giunti a Cogne con le sue frazioni con propria personalità - tutto si allarga, specie in quella straordinaria struttura naturale e fondiaria che è il Prato di Sant'Orso. La pubblicazione dà conto di quanto c'era prima della strada, specie la rete sentieristica, frequentata anche dai maggiorenti, come il Vescovo di Aosta, che era anche conte di Cogne. Ma si racconta anche dei ponti che dovevano attraversare la Grand Eyvia. Spunta ovviamente il ruolo delle celebri miniere di ferro e spicca la personalità discussa ma imponente del Dottor César-Emmanuel Grappein. Arrivano i turisti, risalgono la vallata gli alpinisti, trionfa il Re cacciatore, ma la strada resta per molto tempo solo una serie di progetti sulla carta con tanto di polemiche dei parlamentari valdostani del tempo e le speranze di una strada vera e propria di amministratori e abitanti di Cogne. Si palesa persino nel 1882, sul modello svizzero ottocentesco, l'idea di un "tramway" (dal costo di trecentomila lire) a fianco a una strada che non c'era ancora. Una vera stranezza, visto che la ferrovia arrivò ad Aosta solo nel 1886. Una svolta per l'attesa strada avvenne nel 1917 con il lavoro picco e pala di alcune centinaia di prigionieri di guerra austroungarici. Ma mi fermo qui perché il libro va letto! Cogne è una sorta di petite patrie per Mauro, che da anni approfondisce la storia locale con una competenza che merita il plauso della comunità cogneintze, di cui è impareggiabile cantore. Ebbene il racconto che si snoda sulla strada dovrebbe valere per tutte le vallate valdostane e fa capire come l'arrivo, recente nella configurazione attuale, delle strade carrozzabile sia solo il punto di arrivo di molti precedenti iniziati nell'antichità. Viene anche spiegato il perché, in parte sul filo dei cambiamenti climatici, quel legame oggi solido con il fondovalle non può cancellare millenni in cui - Cogne come le altre località di altre vallate - adoperasse i colli come scorciatoia per raggiungere località oggi distanti se si ragiona nei termini di discesa verso Aosta e successivo raggiungimento delle località valdostane o verso il Piemonte o in direzione Francia e Svizzera. Non erano solo vie per il trasporto e per i viandanti locali, ma in molti casi erano vie per merci trasportate su itinerari "europei" o con persone - pensiamo ai pellegrini - che si impegnavano in percorsi religiosi, di cui la "Via Francigena" resta un esempio importante. Storie avvincenti!