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18 giu 2018

"Aquarius": simbolo di un problema irrisolto

di Luciano Caveri

La vicenda della nave "Aquarius" - zeppa di migranti ed alla ricerca di un porto non dato dall'Italia ma dalla Spagna - ha acceso le tifoserie, aperto una querelle con la Francia, salita in cattedra quando ha poco da insegnare, e mostrato una cosa semplicissima, e cioè che il tema dei migranti o meglio delle grandi migrazioni - senza regole e con la complicità delle mafie e delle bande paramilitari al di qua e al di là del Mediterraneo - è un argomento politico complicato e che si presta a speculazioni e soprattutto a grandi spostamenti di voti. Per cui la nave è servita al leader leghista e ministro dell'Interno, Matteo Salvini (ormai di lotta e di governo), per lanciare una sfida: prendersela con Malta che non accoglie migranti perché poi con i meccanismi degli "accordi di Dublino" dovrebbe tenerseli ed è davvero un'isoletta; lanciare un avvertimento all'Europa che i soldi li dà ma la maggior parte dei Paesi i migranti non li vuole; prendere atto del fallimento che da tempo riguarda la politica di accoglienza con i "richiedenti asilo" che lo meritano mischiati ad una folla dolente di poveri che vedono l'Occidente come un "Eldorado" dove vivere e non sempre chi arriva è uno stinco di santo, vista la presenza di islamisti in missione.

Un esame dei fatti che non vedrebbe un gran voto ai politici italiani e che fotografa pure opposti estremismi, come si verifica dai "social", dove i peggiori istinti umani si scatenano. Da una parte ci sono quelli che sigillerebbero le frontiere e userebbero il "pugno di ferro" senza alcuna distinzione ed usano parole d'ordine di odio. Dall'altra ci sono i "buonisti" oltre ogni ragione che darebbero ospitalità a tutti fra principi evangelici e riferimenti spesso improbabili agli italiani emigrati nel mondo in circostanze e con regole ben diverse. In mezzo ci stiamo in tanti a ritenere da anni che questa situazione avrebbe alla fine sortito una sorta di guerra che segnala molte criticità non affrontabili né con istinti violenti di ripulsa ma neppure con il cuore in mano e la commozione. In fondo si dovrebbe tornare a null'altro che ai fondamentali del Diritto. Si dovrebbe cominciare da quello Internazionale che ha norme che ci riportano alla realtà. E la prima considerazione riguarda l'abisso fra certi Paesi del Terzo mondo dove masse enormi di persone vivono in stato di bisogno perenne ed in regimi politici liberticidi. Ciò persiste in barba a grandi affermazioni di principio che esistono nelle carte fondamentali dalle Nazioni Unite in giù e bisogna constatare come l'affarismo spinge sempre a chiudere un occhio ed a far finta di niente con dittatori vari e con élites che affamano i loro popoli. La cooperazione per lo sviluppo è stata anche in Italia un pozzo in cui hanno pescato delinquenti di varia caratura, esattamente come avviene oggi con l'accoglienza dove accanto a gente seria che ci lavora ed a volontari generosi si sono affollati al banchetto gente da far venire i brividi, ben contenta di quella anarchia che impera. Ciò vale anche per l'applicazione di norme di Diritto Interno: da quelle Costituzionali che tutelano il "diritto d'asilo" con regole burocratiche di stampo borbonico, che consentono a chi non ne ha diritto di restare qui diventando a un certo punto, finiti i ricorsi... infiniti, di restare "uccel di bosco" come lavoratore sfruttato in nero o manovalanza di mafie, alle norme del Diritto Comune fra codicilli contraddittori in un quadro di "scaricabarile". Con i Comuni che diventano i soggetti da riempire di responsabilità eccessive e con i cittadini che vedono in giro giovani adulti (perché questi sono la maggioranza) che stanziano senza un destino chiaro, ma con l'impressione negativa - anche per loro, naturalmente - di un limbo in cui languono. Per cui si è creata tutta una favolistica sui privilegi, le prebende, i capricci dei migranti che fa sì che alcuni mi scrivano indignati con le solite cose, tipo «i nostri pensionati scavano nelle pattumiere e loro si godono la vita», «li vedi con il telefonino ed i soldi in tasca mentre noi non arriviamo a fine mese», «che se ne tornino a casa perché non ci sono i soldi per i "nostri" e perché dobbiamo metterli per loro?». Spesso il livello dell'interlocutore è davvero basso e mettersi a discutere vuol dire finire nel fango inutilmente, perché non è una discussione possibile. Chi ha scelto un campo non si smuove ed è - anche nelle cene fra amici - un tema che è meglio evitare, perché si scopre quanto un tema irto di difficoltà diventi solo oggetto di ragionamenti più di pancia che di cervello. Il fatto certo è che, spiace dirlo in un'Italia ormai antieuropeista più per sentito dire che per reali conoscenze, questo è davvero un tema continentale e, o lo si affronta insieme, oppure gli egoismi nazionali faranno crescere tensioni e incomprensioni, come avvenuto lungo le frontiere alpine e ieri sulla storia proprio della nave fra Francia e Italia, con toni incomprensibili fra Paesi amici e confinanti, anche se il Presidente Emmanuel Macron sul tema dovrebbe stare zitto e non pontificare pensando solo al caos libico ed alle responsabilità del suo Paese. Ma non solo è difficile risolvere i problemi fra globale e locale, ma si aggiunge anche la considerazione che questa polveriera in qualche modo fa gioco e diventa una palestra utile per far vedere - senza risolvere i nodi della questione - i propri muscoli e questo funziona e dunque diventa strumentale e non può essere contrastato dal solo uso perdente dei buoni sentimenti ma da strategia chiare dal minuscolo di un paesino al rapporto fra Continenti. Ci vorrebbero statisti e grand commis di Stato, ma sono ormai in via di estinzione.