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08 giu 2018

I miei mari

di Luciano Caveri

Amo il mare e mi basta passarci qualche ora per darmi la carica. Sarà che, dopo una frattura ad un braccio, ho scoperto una carenza - tipica di chi abita in montagna - di vitamina D. Niente di grave e facilmente risolto, ma con la constatazione che la fonte principale di questi pro-ormoni indispensabili per l'organismo umano è l'esposizione alla radiazione solare. Prima giustificazione per goderne di tanto in tanto, staccando la spina dalle "mie" Alpi. Se poi si aggiunge l'utilità dello iodio - che certo viene più dall'alimentazione che dalla respirazione in riva al mare - l'alibi salutista per i soggiorni marini è completo e posso dire che non si tratta di solo svago, per altro per nulla da giustificare.

Ma non è solo questo: per almeno vent'anni ho seguito la mia famiglia, mentre mio papà restava a lavorare nella sua condotta di veterinario in Valle, che si trasferiva ad Imperia per tutta l'estate. Mia madre Brunilde, con le sue sorelle Floriana ed Agostina - sposate tutte in Valle d'Aosta per i casi della vita - erano originarie di lì, o meglio erano nate nella frazione di Castelvecchio qualche anno dopo la formazione del Comune d'Imperia avvenuta nel 1923 con l'accorpamento di Oneglia e di Porto Maurizio. Per cui il clan dei cugini - dispersi poi dalle proprie storie personali dopo anni di continua familiarità - era una specie di banda che spaziava dalle dell'entroterra fasce - i terrazzamenti che tengono su la montagna ligure - alle spiagge di sassolini o di sabbia della Riviera di Ponente. Foto in sequenza che seguono la mia crescita, stagione dopo stagione, e danno il senso di questa mia vita di pendolare per molti anni fra montagna e mare fin da quando avevo sei mesi di vita. Appaio affondato - come prima immagine - in un battellino posto sulla battigia con un sorriso sulle guance paffute che escono dall'acqua, che è tutto un programma. Ci sono anche simpatici filmati d'epoca in pellicola che mostrano questa saga marina che giustifica il mio amore per il mare, diventato poi amore per i mari, avendo discretamente girato il mondo e questo mi ha convinto sul fatto che vada davvero usato il plurale "mari". Come avviene infatti per le montagne, ci sono similitudini e analogie, ma ogni mare ha un suo carattere che va apprezzate sopra e sotto la sua superficie (sono sempre stato un apneista con qualche esperienza con le bombole). Ma quel che mi piace molto è vedere come le culture nate attorno ai mari si sviluppino nella loro originalità ma con aspetti e ricorrenze che si inseguono, pur nelle diverse latitudini e climi, che sia la rudezza del clima del Grande Nord o la dolcezza delle isole tropicali delle Maldive. La risacca risuona in modo diverso ma costante. Chissà se poi ci mette lo zampino il "dna": i Caveri partono da Moneglia, paesino di mare del genovese e la più antica personalità familiare rinvenuta è quel cartografo Nicolò Caveri, amico di Cristoforo Colombo. Un altro ramo incrociato testimonia di un personaggio che si ritirò dal commercio di cereali quando perse una nave in una tempesta al largo di Marsiglia. Il mare, che siano carte geografiche o navigli, ma io mi sono limitato alle spiagge... Ma alcuni rami della famiglia abitavano frazioni già montane come avviene facilmente in Liguria e mio nonno materno Emilio Timo aveva abitato una frazione di Testico, Comune del Savonese, che si chiama Ginestro (dai fiori meravigliosi e profumati che vi crescono) a due passi dal valico alpino (quelle sono Alpi!) che ha lo stesso nome. Terra d'ulivi dove nonno era stato adottato da una famiglia, visto che era un orfanello, perché figlio di una relazione extraconiugale fra una contessa di Alassio e il medico condotto della zona. Nonno Emilio - prima ufficiale di cavalleria e poi commerciante d'olio - era più montanaro che marino e mentre noi bimbi diventavamo neri come il carbone correndo e giocando in spiaggia lui restava sotto l'ombrellone con il suo cappello di paglia in testa. Per queste storie personali e familiari ho sempre amato Eugenio Montale e le sue poesie, come la celebre "Mediterraneo".

«Antico, sono ubriacato dalla voce ch'esce dalle tue bocche quando si schiudono come verdi campane e si ributtano indietro e si disciolgono. La casa delle mie estati lontane, t'era accanto, lo sai, là nel paese dove il sole cuoce e annuvolano l'aria le zanzare. Come allora oggi la tua presenza impietro, mare, ma non più degno mi credo del solenne ammonimento del tuo respiro. Tu m'hai detto primo che il piccino fermento del mio cuore non era che un momento del tuo; che mi era in fondo la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso e svuotarsi cosi d'ogni lordura come tu fai che sbatti sulle sponde tra sugheri alghe asterie le inutili macerie del tuo abisso».