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06 giu 2018

Guardare avanti, senza dimenticare

di Luciano Caveri

Tutte le volte in cui, facendo parte di qualche delegazione politica (ora di "MOUV'"), finisco nella palazzina stile western dell'Union Valdôtaine, mi prende un colpo al cuore. Per la semplice ragione che ho passato lì, nel mio ufficio, anni ed anni della mia vita e quando lasciai l'UV, non mettendo più piedi in quel posto per molto tempo, mi sentii una sorta di sfrattato, privato di un luogo della mia memoria e pure quella della mia famiglia. D'altra parte è andata così e mi sento ancora oggi dalla parte della ragione: l'evoluzione della "mia" Union in un partito personalistico a gestione autoritaria con un uomo solo al comando ha portato alla deriva attuale ed alla batosta del recente voto. Chi non rientrava nei ranghi, avendo uno spirito libero, prima o poi era destinato alla ghigliottina. Mi pare che per ora non ci sia l'attesa ribellione a questo stato delle cose, ma solo qualche timida scossa.

Abbandonai UV per il "sogno" poi svanito dell'Union Valdôtaine Progressiste, anch'essa rudemente colpita dai risultati delle ultime elezioni regionali ed a mio avviso ciò è avvenuto proprio perché ad un certo punto si cambiò strategia in modo strisciante, facendo finta di niente. Qualche campanello d'allarme di un ritorno di fiamma fra i Viérin ed il Rollandin lo avevo avuto nel gennaio del 2015, quando scrissi un post su questo blog e venni rimproverato al "Conseil de Direction" dell'UVP da chi già marciava per un funambolico embrassons-nous di avere un approccio considerato troppo personalistico nei confronti di "Guste", cartina di tornasole che qualcuno era già in strada qualche formula di accordo e se ci si arrivò solo dopo diciotto mesi da quella ramanzina (cui reagii con qualche urlo) fu perché c'era qualche rompiscatole come me che predicava coerenza. Raccontavo allora di Alberto Ronchey, inventore, alla fine degli anni Settanta, con un editoriale sul "Corriere della Sera" - del "fattore K" - dal russo "Kommunizm - comunismo" per spiegare il mancato ricambio delle forze politiche governative nei primi cinquant'anni dell'Italia repubblicana. Al Partito Comunista era impedita la partecipazione al Governo a causa dello stretto legame con l'Unione Sovietica. E la forza elettorale del Pci - seconda formazione politica in Parlamento - impediva di fatto ai socialisti o ai socialdemocratici di raggiungere un numero di consensi sufficienti per rappresentare l'alternativa. Poi mi riferivo per analogia al quadro valdostano: «Da noi, invece, esiste il "fattore R" dal cognome Rollandin, attuale presidente della Regione, sulla scena della politica valdostana con alti e bassi da una quarantina d'anni. Oggi la sua presenza è ancora l'elemento centrale della politica valdostana non solo per la sua personalità, ma per il metodo e i modi - assieme sornioni e spregiudicati - che uniformano la sua azione politica, negli aspetti noti e in quelli celati. Naturalmente è un sistema di potere declinante e anacronistico, da anni inefficace nella conduzione della cosa pubblica, ma la rete di rapporti e di interessi ha creato una situazione di "tappo", da cui non si riesce ad uscire con uno stallo che inquieta e rischia di colpire al cuore il sistema autonomistico valdostano». Più avanti ero tristemente profetico, letto oggi: «Eppure cambiare sembra sempre difficile per l'abilità camaleontica di chi lavora sul "divide et impera", sull'usa e getta di amici e alleati, sulla seduzione degli avversari vecchi e nuovi, su legami più o meno noti con centri di potere e sulla forza persuasiva di un carisma fatto di minacce e di blandizie». Resta valida la mia ulteriore riflessione di allora: «Questa sua presenza impedisce, appunto agendo come un blocco, ogni reale possibilità di cambiamento e si illude chi pensi di agire senza un'operazione che rappresenti davvero un capitolo nuovo, che chiuda una storia e riporti aria fresca contro i miasmi di un degrado pericoloso. Non è facile e l'attesa è quanto di peggio ci sia per chi avverta i danni che nel frattempo avvengono sul tessuto economico e sociale della Valle. Mancano idee e progettualità in un giorno per giorno che fa avanzare decadenza e sfiducia, mentre i rapporti con Roma e con Bruxelles hanno raggiunto il minimo storico con un crollo di credibilità che pesa sulla nostra comunità. Per questo, nel caos attuale dei rapporti politici, bisogna tenere i nervi saldi, distinguere le notizie dalle voci e dai pettegolezzi, è bene anteporre gli interessi generali al proprio orticello, è necessario pesare dichiarazioni e diffidare delle battute da "social". Altrimenti tutto resterà così, nel panorama triste e grigio, senza speranza dell'attuale conduzione politica con una leadership senza futuro, che comporta non solo un danno materiale ma anche morale. E, invece, per fortuna, il cambiamento resta a portata di mano, volendolo». Qualche potere previsionale me lo assumo e basta guardare quando resta di assai simile tre anni dopo, se non che forse nel frattempo si e scivolati più giù e piano piano e alcuni protagonisti del sistema ci hanno rimesso le piume e sono uscite una parte di intercettazioni che testimoniano il senso di impunità. Resta anche il rimpianto per l'insensatezza di quell'accordo UV-UVP senza che nulla di fatto fosse allora mutato per giustificarlo, ma soprattutto rimane evidente come - nell'evocare anche oggi un grande progetto di "réunification" degli autonomisti - si debba fare in modo che lo si evochi chiedendo preliminarmente ad alcuni di lasciare finalmente l'agone politico prima che ci pensi una volta per tutte la Magistratura e ad altri di fare un salutare passo indietro per aver consentito una lunga coda ad un sistema di potere rimasto intatto a causa della scelta di abbandonare per opportunismo la strada del famoso "cambiamento". Chissà se, per farlo, ci sarà il senso di responsabilità necessario. Altrimenti saranno solo appelli di maniera all'unità, buoni solo per la propaganda, dunque aria fritta. Penso, per carattere, che non si debba indulgere al pessimismo e guardare avanti.