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12 mag 2018

Disimpegno della Valle in Europa?

di Luciano Caveri

Se uno dovesse dire quale sia stato l'elemento più forte e incidente sulla nostra Autonomia speciale dall'emanazione dello Statuto in poi dovrebbe guardare all'Europa ed ai passi che questa dimensione continentale ha fatto da quel 1948 ad oggi. Questo soggetto politico - oggi Unione europea - si è fatto spazio sempre di più rispetto al piccolo ordinamento valdostano ed ai contenuti della nostra Costituzione regionale. Chi volesse scorrere le materie di "competenza esclusiva" (articolo 2) ed "integrativa" (articolo 3), ma anche materie come l'idroelettrico o la famosa "Zona franca", dovrebbe ogni volta mettere qualche asterisco e riportarsi appunto a quell'espandersi delle normative europee che ha finito per "invadere" molti poteri e competenze ab origine in campo alla nostra Valle.

Per questo è necessario interloquire con le autorità comunitarie e lo scrivo con conoscenza di causa per il lavoro svolto a Bruxelles (ed a Strasburgo) al Parlamento europeo e poi al "Comitato delle Regioni". Nella capitale dell'Alsazia ho poi fatto esperienza al Consiglio d'Europa, con quel perimetro più largo ed istruttivo e studiando quegli accordi di vario genere che influenzano molto diversi della nostra vita e poi si sostanziano nelle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, da non confondere con l'istituzione comunitaria denominata Corte di Giustizia dell'Unione europea con sede a Lussemburgo. Ed invece spiace constatare che il nostro Ufficio di Bruxelles è ai minimi storici per il ruolo che gli viene assegnato: "Finaosta" ha dato il ruolo di snodo ad una società di fuori Valle, che è ben diverso da un essere umano che conoscesse la nostra realtà e ne fosse portavoce, così come si è scelta come dirigente una persona che non ha una reale esperienza comunitaria, provenendo da altri settori del Comune di Aosta. Segnali chiari di disimpegno, mentre altre Regioni italiane hanno deciso di avere uffici di grande spessore perché l'interlocuzione quotidiana nelle sedi comunitarie serve a risolvere questioni delicate ed a sfruttare a pieno le possibilità derivanti da diversi settori. Gli assenti hanno sempre torto anche a Bruxelles e si tratta di un segno evidente di un provincialismo senza sbocchi, tanto che la Valle d'Aosta rischia di diventare una vera e propria "Cenerentola" senza però il lieto fine. Questa deriva è evidente anche dal voto dei valdostani alle Politiche: contraddicendo la visione europeista di molti dei padri fondatori dell'Autonomia valdostana in tanti hanno scelto la deriva antieuropeista di Lega e "Cinque Stelle", che non è affatto una spinta - cosa che ci starebbe - riformista e riformatrice dell'attuale Europa, ma è invece è un sentimento di pancia (direi in certi casi di intestini) che vaga nel buio di un'ignoranza profonda del percorso dell'integrazione europea. Ciò non significa affatto non denunciare storture ed errori, ma non si possono usare toni demagogici e spinte populiste al solo vantaggio di fare incarognire le persone e dar spazio agli odiatori professionisti, compreso qualche cretino che di questi tempi scrive contro di me con qualche bicchiere di troppo in corpo. Mi è capitato in queste ore di dover riguardare con freddezza un dossier importante come quello dei fondi compensativi del settore agricolo a beneficio dei nostri agricoltori-allevatori. Fondi bloccati per questioni burocratiche nel triangolo Aosta, Roma e Bruxelles con un'attitudine nel risolvere certi stop e poi i ritardi con erogazione con il contagocce che hanno messo in ginocchio le aziende, come se quei soldi dovessero arrivare attraverso conoscenze e "piaceri" e non per sacrosanti diritti, con interventi di mediazione di personaggi che da troppi anni vivono e operano nel sottobosco del mondo agricolo. Ebbene, è questo un modo di agire sbagliato: i diritti sono i diritti, ci sono strade giudiziarie da intraprendere, interlocuzioni politiche da sostenere e via di questo passo. Quel che non funziona va chiuso, ammettendo errori e incapacità. Altrimenti l'Autonomia, da chi aspetta, verrà solo considerata un vecchio feticcio di cui si può fare a meno, perché non serve come Istituzione astratta ma è considerata utile solo se serve per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Ho esempi concreti - penso al dossier sugli "aiuti di Stato" al settore degli impianti a fune o alla tutela delle figure del maestro di sci e della guida alpina - che dimostrano come si possa parlare con le autorità europee, trovando soluzioni. Ora, sempre per fare un esempio, un nuovo fantasma si aggira per l'Europa ed è il nuovo Bilancio dell'Unione per il periodo che va dal 2021 al 2027, disvelato due giorni fa dopo molte attese e discussioni preliminari. Non sto ad addentrarmi troppo nei particolari: quel che conta per noi valdostani è capire come i previsti tagli ai fondi per l'Agricoltura e per i "Fondi di Coesione" impatteranno sui Bilanci regionali del futuro, già gravemente colpiti dall'attuale riparto fiscale con Roma (oltre il quaranta per cento in meno nell'ultimo decennio). Si tratta, in particolare, di capire se e come verranno presi in carico quei problemi dei territori montani appunto come compensazione per i sovraccosti e gli handicap che pesano su chi abita e lavora in queste zone e ciò vale non solo per l'agricoltura, ma per ogni servizio offerto in certi spazi geografici. Ribadisco che una via maestra per il futuro è quella di avere una Direttiva europea che definisca alcuni criteri per avere una volta per tutte una perimetrazione chiara di che cosa si intenda per "Montagna" in Europa, viste le definizioni da Arlecchino che ci sono in giro in primis in Italia, tale da declinare poi senza sprechi o aree che non c'entrano tutte le politiche comunitarie. Per noi è prezioso restare seriamente attaccati, dando ad essa un'importanza politica che sinora non si è vista davvero, alla "Macroregione Alpina" come force de frappe per contare di più in Europa per scopi chiari proprio per la politica agricola e per la futura politica di coesione. Questa è serietà, mentre non lo è la propaganda di chi usa i "fondi comunitari" come prezzemolo per risolvere - con la bacchetta magica - qualunque problema. Intanto i governi regionali degli ultimi dieci anni hanno di fatto snobbato qualunque sede negoziale, alcune strutture regionali rifuggono certi progetti europei peggio della peste e nel balletto delle nomine dirigenziali discrezionali, certe figure apicali che si occupano di programmazione vengono sminuite e sostituite come calzini usati, in favore di strutture inutili nella forma e nella sostanza ma utili a soddisfare clientes e militanti. Per non dire di certi settori prescelti per certi investimenti che occhieggiano nello stesso identico solco.