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30 apr 2018

Social, gioie e dolori

di Luciano Caveri

Come fare con i social? L'interrogativo è interessante e ho già segnalato in passato - aspettando un sito che rinnoverò, riaprendo le discussioni - come la Rete ad uso "comunitario" ("social network" sarebbe nient'altro che "rete sociale") abbia i suoi problemi e cito solo il negativo, perché i lati buoni sono noti e non fanno notizia. Mi riferisco qui alle persone che abitano la Rete e popolano i social e già fa differenza che siano individui con nome e cognome oppure anonimi che si camuffano. Qualcuno in passato mi ha scritto in privato che lo faceva per garantirsi privacy ed evitare ritorsioni. Davvero dei "cuor di leone", che prima o poi - per regole di buona creanza ed identificazione ad uso processuale - si troveranno obbligati a togliere il loro passamontagna digitale. Ciò farebbe anche pulizia dei troppi profili generati automaticamente e che spesso fanno la felicità di chi compra amici per fare il pavone, usando il doping dell'acquisto di "seguaci" per apparire "famoso".

Mi è piaciuto molto, ieri sul "Corriere della Sera", il sagace Pierluigi Battista, che dà una strigliata a chi si lamenta dei social, ma ci entra e soprattutto non se ne stacca mai e ultimamente si concentra in baruffe chiozzotte sulla storia deprimente della formazione a Roma del nuovo Governo. Così sfotte: «Care coetanee (o anche quasi), cari coetanei (o anche quasi), guardate che non è obbligatorio fare come le vecchie zie e brontolare sulle nequizie dei tempi e di questi fetentissimi giovani che chissà dove andremo a finire. Non è prescritto dalla legge inveire sui social contro il popolo sgangherato dei social, passare un sacco di tempo sui social per denunciare al mondo quanto siano ignoranti, rozzi, violenti quelli che si esprimono sui social medesimi. Mica è come la scuola dell'obbligo, che i bambini ce li devi mandare punto e basta. Mica è come l'Ordine dei giornalisti che, residuo del fascismo che l'antifascismo non ha nessuna intenzione di liquidare, ti costringe per legge ad arruolarti per poter lavorare nei giornali. Qui è tutto facoltativo, non ti corre dietro nessuno. Ti piace Twitter? Stacci. Non ti piace? Stanne lontano, è tuo diritto. Ti piace postare foto di gattini su Facebook e dire la tua al mondo su tutti gli argomenti dello scibile senza sapere niente di niente? Iscriviti. Non ti piacciono quelli che postano i gattini e dicono un sacco di scemenze? Staccati. Si può fare. Si possono fare molte cose, in alternativa: leggere, andare alle mostre, andare al cinema, guardare una partita in televisione, amoreggiare, perfino far la fatica di studiare per capire perché i partiti tradizionali siano stati brutalmente ripudiati dall'elettorato incolto e grossolano». Condivido in pieno e dovessi dire sto seriamente pensando di darmi di orari d'ingresso e di uscita dalla Rete, perché se non si fa così - come il comodo meccanismo "Apple" che ti stacca il telefonino quando guidi per salvarti la vita da possibili incidenti stradali, mentre sbirci o maneggi - ho l'impressione che una forma crescente di dipendenza ipnotica possa trasformarci in eremiti dalla socialità faccia a faccia. E invece in molti persistono, come spiega bene Battista: «Invece no: è nato il nuovo mestiere del borbottatore che passa il suo tempo sui social a dire quanto sono scemi quelli che scrivono e vomitano sui social. Anziché immergersi nell'opera omnia di Dostoevskij che di uomini del "sottosuolo" se ne intendeva lasciandocene ritratti di incomparabile valore, perdono un tempo infinito a chiosare commenti cervellotici, insulti sfrenati, farneticazioni, allucinazioni di una piazza pubblica loquace e grafomane che, solo a volerlo, potrebbe essere lasciata in balìa di se stessa. Ma perché stanno lì, invece di farsi una salutare passeggiata. Che poi può capitare di diventare una volta tu, il bersaglio dell'odiocrazia social: basta armarsi di pazienza e cancellare, bloccare, silenziare. Senza vittimismi. E con un po' di senso del ridicolo per questo denunciare i rischi dei social non sapendosene distaccare drogati dalle scemenze che circolano là dentro. Care coetanee, cari coetanei: torniamo in noi, su». Ho consigliato ai candidati alle elezioni regionali di usare ragionevolmente i social, che sono strumento utile ma che va preso con le pinze, ma di lasciare stare odiatori e cretini, che pure perseverano con i loro veleni e le loro bestialità. In fondo esistono proprio perché qualcuno replica loro e si sentono in genere più importanti di quanto certificato da vite mediocri. L'indifferenza li seppellisca o disfarsene con un clic è la strada migliore. Possono, se l'azione è congiunta, restare a divertirsi da soli con i loro strali e le loro baggianate.