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11 feb 2018

Come mai c'è l'articolo 6 nella Costituzione

di Luciano Caveri

Leggo con curiosità della tappa ad Aosta del "Viaggio della Costituzione", mostra itinerante sulla Carta costituzionale promossa dalla presidenza del Consiglio dei Ministri, sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica. Nel capoluogo valdostano - così si legge - si ricorderà in particolare l'articolo 6: "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche". Personalmente credo che sia sbagliato: si sarebbe dovuto ricordare in particolare lo Statuto d'Autonomia e l'articolo 116 che ne ha consentito la concretizzazione. L'articolo 6, essendo da noi il francese sin dal 1948 e le parlate dei walser dal 1993 tutelate da norme di rango costituzionale, ci può interessare - per così dire di sghimbescio - solo perché nella legge applicativa della norma costituzionale varata solo nel 1999 si ricorda certo l'esistenza del francese, delle parlate germanofone appena citate, ma soprattutto ci si ricorda del francoprovenzale assente - quello sì! - nello Statuto.

Ma per il resto, sia chiaro, la genesi dell'articolo 6 aveva ben altra provenienza. Ricordo poi come il testo vigente venne proposto dal Comitato di redazione prima della votazione finale in Assemblea e distribuito per essere approvato, come avvenne, da parte dei Deputati costituenti il 20 dicembre 1947. La norma è tacitiana ed ha aspettato oltre cinquant'anni per vedere una sua concretizzazione: "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche". Facciamo un passo indietro: la questione "minoranze linguistiche" venne trattata Il 1° luglio 1947, nella seduta pomeridiana, mentre l'Assemblea Costituente proseguiva l'esame degli emendamenti agli articoli del "Titolo quinto" della Parte seconda del progetto di Costituzione: "Le Regioni e i Comuni". Il resoconto di quel giorno così dice: «Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: "Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana". Ricordo che, approvato l'articolo 108, dobbiamo passare all'esame di alcuni articoli aggiuntivi. Il primo è quello dell'onorevole Codignola: Articolo 108 bis: "La Repubblica garantisce il pieno e libero sviluppo, nell'ambito della Costituzione, delle minoranze etniche e linguistiche esistenti sul territorio dello Stato. Gli enti autonomi regionali non possono, sotto nessuna forma, limitare o modificare i diritti fondamentali del cittadino sanciti dalla presente Costituzione, né emanare norme con essa in contrasto". L'onorevole Codignola ha facoltà di svolgerlo». Tristano "Pippo" Codignola, nato ad Assisi nel 1913, era stato partigiano ed era stato eletto deputato alla Costituente nelle liste del "Partito d'Azione". Codignola così si espresse: «Questo mio emendamento era collegato ad altri due emendamenti da me proposti agli articoli 108 e 123. Io avevo proposto che l'articolo 108, il quale prevedeva alcuni Statuti speciali - precisamente per la Sicilia, la Sardegna, il Trentino-Alto Adige e la Valle d'Aosta - fosse soppresso, e che fosse modificato l'articolo 123 nel senso che gli Statuti già emanati per la Sicilia, la Sardegna e la Valle d'Aosta dovessero essere coordinati con le disposizioni della presente Costituzione. Ritenevo e ritengo tuttora che il sistema di adottare degli Statuti speciali per alcune Regioni italiane sia un sistema sotto molti aspetti criticabile e discutibile». Segue tutto un ragionamento sulla specialità (da notare che l'articolo 108 di cui parla divenne poi il 116) e molto più avanti il deputato viene finalmente al punto, che dimostra la genesi dell'articolo: «Ora, nonostante che l'articolo 108 sia stato approvato come è stato approvato, io mi permetto insistere sull'articolo 108 bis, in vista di una situazione particolare che a molti è sfuggita in questa Assemblea, la situazione cioè dell'Alto Pinerolese, di quella zona comunemente denominata delle Valli Valdesi, ma che è in realtà assai più vasta delle Valli Valdesi. Questo problema è stato discusso in sede di lavori preparatori, e si riconobbe allora che fra le Regioni mistilingue vi erano, oltre la Valle d'Aosta, oltre il settore Trentino-Alto Adige, oltre il settore del confine Giulio, anche le Valli Valdesi. Indubbiamente la posizione di queste valli è sotto molti aspetti diversa da quella della Val d'Aosta, ma da parte degli abitanti di queste valli non si è mai chiesto uno Statuto autonomistico di tipo speciale, si era chiesto soltanto, a suo tempo, il riconoscimento della condizione particolare di "zona mistilingue". Voi sapete che questo territorio, che comprende diciassette Comuni e che è costituito dalle vallate della Luserna, del Pellice, della Germanasca e del Chisone, ha una tradizione storica e culturale sua propria. Codeste valli hanno delle esigenze particolari, sia per quanto riguarda la difesa linguistica, sia per quanto riguarda la stampa e la scuola. Esse hanno inoltre esigenze particolari, per quanto riguarda i rapporti di emigrazione con la Francia e particolarmente col vicino Delfinato, e problemi d'istituzione e d'incoraggiamento di enti locali, educativi e assistenziali. Si tratta di una serie di problemi che vanno seriamente presi in considerazione. Indubbiamente, per le stesse ragioni per cui ho criticato poco fa le Autonomie speciali concesse, per così dire, con una certa frettolosità ad alcune Regioni, io non posso ora chiedere coerentemente che si conceda una Autonomia speciale anche alle Valli Valdesi, sebbene, dato che si è ormai seguita questa strada, che io ritengo dannosa e pericolosa per l'ordinamento dello Stato, si potrebbe richiedere il medesimo trattamento anche per queste Valli. Io penso tuttavia che queste difficoltà, di carattere per così dire procedurale, si possano superare votando ora questo articolo 108 bis, che mira a garantire le minoranze etniche e linguistiche. Questo articolo costituirebbe di fatti una garanzia di protezione per tutte queste popolazioni delle Valli Valdesi, e inoltre potrebbe costituire una garanzia anche per altre popolazioni, di minore importanza, disperse sul territorio dello Stato, ma che potrebbero reclamare domani delle garanzie soprattutto di carattere linguistico. Vi ricordo che gli abitanti delle Valli Valdesi hanno fatto il loro dovere di cittadini italiani resistendo fino alla fine all'oppressione. Vi ricordo che ancora in periodo clandestino, il 19 dicembre 1943, ebbe luogo un incontro a Chivasso tra i rappresentanti delle popolazioni alpine, e precisamente tra i rappresentanti della Val d'Aosta e quelli delle Valli Valdesi. In tale incontro, queste popolazioni riconobbero insieme di avere le medesime esigenze di carattere autonomistico, ed insieme esse furono protagoniste, tra le prime, della Resistenza. Ora io so che, in seguito alla votazione sull'articolo 108, è sorto in queste popolazioni di confine un senso di viva delusione verso i lavori della nostra Assemblea, si è creato un forte disagio nel constatare che, mentre il problema delle Valli Valdesi, che da tempo era stato posto sotto i nostri occhi, non era stato preso in considerazione e si era invece esaminato un problema che non era stato posto neppure dalle popolazioni interessate. (Commenti al centro). Vi pregherei quindi di voler considerare seriamente questo problema. Le popolazioni di confine possiedono una sensibilità nazionale ed internazionale tutta particolare, e credo che noi dobbiamo dar atto a queste popolazioni, così profondamente italiane e così utili, come anello di congiunzione culturale, spirituale ed economica con la Svizzera e soprattutto con la Francia, del sentimento di fraternità che ci anima verso di loro, e dare ad esse una garanzia che è elemento fondamentale di ogni Costituzione moderna. Insisto anche sul secondo comma dell'emendamento, in quanto penso che tutte le precauzioni - come dirò trattando di un altro emendamento - debbano essere prese, perché l'esperimento dell'Autonomia regionale non si trasformi in pericolo. Chi è persuaso della opportunità di questa riforma è pieno anche di preoccupazioni per la possibilità che essa, nella sua attuazione, possa dar luogo a gravi inconvenienti. Per questa ragione ritengo opportuno formulare una dichiarazione che garantisca, nei rispetti dell'ordinamento regionale, il mantenimento delle libertà fondamentali garantite ai cittadini dalla Costituzione». Interviene poi, per dirimere la questione, Emilio Lussu, anche lui del "Partito d'Azione" e che poi sarà relatore dello Statuto d'autonomia: «Vorrei proporre il seguente emendamento all'articolo aggiuntivo dell'onorevole Codignola: "Gli enti autonomi regionali non possono, sotto nessuna forma, limitare il pieno e libero sviluppo delle minoranze etniche e linguistiche esistenti nel territorio dello Stato". Che cosa significa questa formula? Significa piena comprensione delle esigenze che hanno spinto il collega Codignola a presentare l'articolo aggiuntivo. Egli però ha generalizzato ed ha espresso un concetto che, se fosse accolto, sarebbe pleonastico, quando, nella prima parte, ha detto che: "La Repubblica garantisce il pieno sviluppo delle minoranze etniche e linguistiche", mentre il nostro concetto si richiama alla determinazione della Regione. Ed in questo senso l'emendamento ha un altro significato. Noi comprendiamo le esigenze di quelle Regioni di confine alle quali il collega Codignola si è riferito; noi sentiamo perfettamente che entriamo in un problema estremamente delicato ed al quale dobbiamo essere particolarmente sensibili. Dobbiamo far comprendere a quelle Regioni, che non hanno svolto nessuna attività particolare per ottenere Statuti speciali, che il pensiero dell'Assemblea comprende perfettamente queste esigenze e cerca di risolverle. Mi pare che, a questo riguardo, il mio emendamento risolve tali esigenze col seguente: "La Repubblica detta norme per la protezione delle minoranze linguistiche"». Segue la discussione e alla fine emerge quell'articolo 6 citato all'inizio: chiara la distanza esistente rispetto alla Valle d'Aosta, il cui unico legame vero è la già citata "Dichiarazione di Chivasso" del 1943 scritta a più mani dai valdostani e valdesi, essendo questi ultimi in realtà a propria tutela i meritevoli ispiratori della norma costituzionale.