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23 gen 2018

La matassa delle migrazioni

di Luciano Caveri

Chiunque sia indifferente alla sofferenza umana non ha diritto di parola. Lo dico in premessa in un'epoca in cui emerge troppo spesso un certo cinismo, che dimentica l'appartenenza alla stessa umanità e che sembra non in grado di evocare la forza dell'ammonimento universale di Primo Levi con il suo "Se questo è un uomo". Ci pensavo rispetto a questo tema difficilissimo dei migranti che rischia di diventare un argomento squisitamente ideologico su cui, più che cercare soluzioni, ci si spara - metaforicamente - da una trincea all'altra, tronfi delle proprie convinzioni contrapposte. Leggevo ieri Maurizio Guandalini su "HuffPost", che ha scritto un editoriale, partendo dal caso «razza bianca», come da affermazione assurda del candidato leghista alla Regione Lombardia.

«Un sondaggio della "Swg" ci dice che 55 italiani su cento giustificano il razzismo - sottolinea, con realismo - ce l'hanno con i migranti e i rom. La linea dura sui migranti vale quasi il trenta per cento dei voti. Quindi la colonialata in salsa razziale è studiata. E' l'umore delle città. Dell'uomo qualunque che tocca con mano. Vede, per esempio, le intemerate a bombazza di Brumotti, l'inviato di "Striscia la Notizia", che fa le piazzate nei luoghi dello spaccio di droga. Tra le ultime davanti alla Stazione Centrale di Milano. Zona centralissima. Nordafricani che smerciano sotto gli occhi della Polizia e dell'Esercito. Ovunque. Cumulando insicurezza e paura. Alla fine della fiera, Fontana e i suoi slogan a parte, il gigante degrado c'è. Vistoso. Svegliatevi e non fatene una disputa ideologica. Indicate soluzioni, però. Dire come fa il pentastellato Di Maio, "prima che agli immigrati, pensiamo alla qualità di vita degli italiani" è un sentiment patriottico carino, ma sospeso. A divinis. E' come declamare la cronaca del panico alla Berlusca, "mezzo milione di migranti in Italia per delinquere". Scusi, Cav. e quel trattato capestro di Dublino, migranti da noi, del 2003, ci sembra l'abbia firmato lei. Stop. Adottiamo per la categoria dei principi etici le parole del Papa che, durante la giornata mondiale del migrante, si è lasciato un po' andare: immigrati entrate, ma rispettate leggi, cultura e tradizioni. Per i politici risolvere lo stallo partendo da qui sarebbe un successone. Che tradotto sono i controlli, gli interventi delle forze dell'ordine, le pene dure. Ingredienti base. Giusto per non trovare, uno arrestato al mattino, in pianta stabile, la sera, a spacciare». Ma poi aggiunge un fronte: «Detto questo, sulle cose da fare, rimane aperto il fronte europeo. L'ultima di cronaca è il giovane del Gambia che pur di superare i blocchi a Ventimiglia, muore folgorato sul tetto di un treno. Ergo, i cugini d'oltralpe, applicano pro domo loro il controllo alle frontiere. Nell'incontro Gentiloni - Macron dei giorni scorsi, il Trattato di un solo punto da controfirmare era l'accordo sui migranti. Non l'hanno fatto, preferendo la discussione su altri temi e accenni generali alla revisione del trattato di Dublino (che non si farà mai). Mentre il laissez faire europeo intensifica la firma di trattati bilaterali tra paesi ex comunisti, atti a fermare l'ondata migratoria. Se la tavola apparecchiata rimane questa, tristemente, il Fontana pensiero, ritornerà fuori e si rafforzerà. Per manifesta incapacità politica a risolvere i problemi e raffazzonare solo slogan e chiacchiere perdigiorno». Ma in realtà questa ambiguità europea deborda: l'Italia - per far piacere alla Francia - manda i militari nel Sahel e questa presenza molto rischiosa in Niger servirà a fermare il traffico di schiavi - pardon, di migranti - gestito dal malaffare africano e poi dalle mafie delle traversate in mare, degli arrivi sulle coste e anche di chi specula sull'accoglienza e soggiorni (sarà una minoranza, ma il fenomeno c'è!); vi è poi la terribile "via delle Alpi" che nella zona del Monginevro spinge - visto il blocco francese ad altri valichi - i migranti a rischiare in pieno inverno la vita sui passi alpini con una sorta di complicità dei generosi abitanti della Val di Susa: buone le intenzioni, ma in realtà si diventa favoreggiatori di reati e pure delle possibili morti. Ma che sia chiaro - lo ha detto - il premier francese Emmanuel Macron che sull'immigrazione non si torna indietro. In visita a Calais, mentre il Governo francese sta mettendo a punto una discussa e discuti riforma sul diritto d'asilo che chiuderà una parte delle porte oggi aperte con espulsioni più rapide che toccheranno i "migranti economici", il giovane presidente ha detto basta alla "Giungla", cioè a quella baraccopoli creata con la dimensione di un vero e proprio paese dai migranti decisi a raggiungere la Gran Bretagna. Ciò dimostra l'assoluta mancanza di una politica congiunta europea (in più su quella frontiera c'è stata la "Brexit") e questa storia rischia di essere un guaio per l'Italia, in prima linea sul Mediterraneo, con il tema migranti che serve per gettare benzina sul fuoco in una campagna elettorale deprimente.