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25 dic 2017

Vocabolarietto di Natale (parte prima)

di Luciano Caveri

Ecco che manca davvero poco: fossi un telecronista sportivo potrei dire, con enfasi, che siamo all'ultimo chilometro prima dello striscione d'arrivo del Natale. Confesso che l'attesa la trovo piuttosto divertente e in fondo è come una sorta di anestetico che ti fa sparire per un attimo l'incubo dei problemi da risolvere. Poi un bambino ancora piccolo ti "costringe" - lo dico con simpatia - ad alimentare molto la mitologia del Natale, che scalda i cuori loro e nostri di genitori. Mi sento in grado di stilare una sorta di vocabolarietto semiserio sul Natale con qualche titubanza sulle precedenze.

La "A" appare ormai scontata: l'Albero di Natale spopola, diventando l'iconografia obbligatoria, anche se lamento in certi paesi della Valle una triste desertificazione come se la scenografia del Natale non fosse una sorta di obbligo sociale. A casa mia non c'è mai da annoiarsi, perché l'albero assume aspetti diversi ogni anno alla ricerca di elementi di originalità. Spero di vivere abbastanza a lungo per vedere sin dove si possa arrivare... La "B", anch'essa, affonda nella banalità della rappresentazione del personaggio più conosciuto, come dire il lato più commerciale del Natale, di cui ogni tanto i cattolici si lamentano anche se poi gran parte delle radici del pacioso personaggio arrivano dal cristianesimo, prima che a vestire Babbo Natale ci pensasse la "Coca Cola". L'overdose di Babbi Natale è ormai evidente, tanto da in generare evidenti sospetti in chi - ancora piccolo - scrive in Lapponia per avere i regali e si stupisce di tanti sosia dell'originale. La "C" è indubbiamente "cibo": sarà vero che ogni festività è un evidente pretesto per libagioni varie, ma va riconosciuto come l'incalzare, tipo calendario dell'Avvento culinario, di pranzi e cene diventa degno di una sorta di maratoneta. Sino all'epilogo, per nulla finale, della cena della vigilia o del pranzo di Natale: chi costretto ad entrambi - come nel mio caso - si trova in apnea per due giorni. Si capisce il famoso detto filosofico «Primum vivere» assume il valore della resistenza. La "D" è legata a "doni": l'usanza dello scambio di regali risale alla notte dei tempi ed ha complessi valori simbolici nella logica del dare e dell'avere. Per chi, come me, è nato a Natale il regalo «un pochino più grande» esprime la frustrazione dell'unificazione del regalo, largamente compensata dal senso di vaga soddisfazione - un'autentica tara che viene dall'infanzia - di considerare per alcuni anni tutto l'ambaradan natalizio come qualcosa di organizzato per il mio anniversario. Certo i doni - poche balle! - fanno piacere. E la "E"? Elfi, naturalmente. Gli assistenti di Babbo Natale, se non lo sapete segnatevelo, sono poliglotti. Così il piccolo Alexis ha risposto alla sua stessa domanda sul perché Babbo Natale sia in grado di leggere i messaggi in tutte le lingue del mondo inviati dai bambini. Se lo è detto da solo, mentre io arrancavo alla ricerca di una spiegazione. Tempo però che lo sciopero di molti dipendenti di "Amazon", oberati di lavoro sin o ai capelli, sia il segno dei tempi e non è da escludere uno sciopero anche degli elfi. La "F" è facile: la "filastrocca". Ce ne sono di bellissime e ne so alcune in francese, che si chiamano graziosamente "comptine". La più famosa di Gianni Rodari così comincia: «S'io fossi il mago di Natale farei spuntare un albero di Natale in ogni casa, in ogni appartamento dalle piastrelle del pavimento, ma non l'alberello finto, di plastica, dipinto che vendono adesso all'Upim: un vero abete, un pino di montagna, con un po' di vento vero impigliato tra i rami, che mandi profumo di resina in tutte le camere, e sui rami i magici frutti: regali per tutti».

Anche la "G" è scontata: "Gesù Bambino". A lui mi indirizzavo da bambino e non a Babbo Natale! Il Presepe resta, con la sua storia suggestiva, il simbolo del Natale per chi ha avuto una formazione cattolica. Anche se, nella numerosità delle mode che si sono sovrapposte, non è facile mantenere il necessario distinguo: La Natalità è piena di segnali da cogliere ed è fatta di molte sovrapposizioni. Io un presepe in casa ce l'ho sempre. Quest'anno - causa neve - mi sono ritrovato senza muschio e mi sono rifiutato di compralo o di ricorrere all'orrore di quello artificiale.