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14 dic 2017

L’ondata nera che preoccupa

di Luciano Caveri

E' un singolare riflesso che conosco ormai da ragazzo: quando si deve discutere dei rigurgiti neofascisti e neonazisti che ormai sono evidenti e allarmanti si leva qualcuno, in una sorta di benaltrismo intellettuale, e lancia il sasso. L'indignato di turno, con un riflesso pavloviano, ribatte: «e i comunisti?». Per cui vorrei premettere, nel commentare l'assalto indegno del gruppuscolo di fascisti di "Forza Nuova" con i volti coperti sotto la sede di "Repubblica", che ogni incitamento alla violenza - da sinistra a destra - vede in me lo stesso moto di ribrezzo. Lo dicevo quando ero giovanissimo e nelle assemblee studentesche o nelle riunioni politiche, quando assalivo verbalmente chi parlava della Sinistra terrorista come «compagni che sbagliano».

Un'espressione atroce smorzatasi solo dopo la catena di orrendi delitti di cui le "Brigate rosse" e gli altri gruppi si macchiarono. Nel tempo, da federalista convinto, ho confermato come ogni esperienza totalitaria non può avere giustificazioni. Torno sul punto, tolta di mezzo questa solita evocazione, sulla manifestazione sotto il giornale romano, che fa parte di una sequela crescente di episodi che dimostrano come ci sia un mondo in fibrillazione di nostalgici armati di gagliardetti, canti patriottici del Regime, saluti romani e altra robaccia di questo genere. Non sono più - per questioni generazionali - gli eredi diretti del Ventennio, ma sono giovanotti che si imbevono di una rilettura storica bacata di un'epoca, fatta di un analfabetismo balbettante, che ricorda un fascismo e persino un nazismo «buoni». Il refrain è quello di grandi riforme, di un'attenzione al sociale ("Destra sociale", come ricordava la sigla del vecchio "Msi - Movimento Sociale Italiano"), di un populismo che serve a raccogliere adepti. Ovviamente la Repubblica fa schifo in tutto e per tutto, quella attuale certo e non quel regime della "Rsi - Repubblica Sociale Italiana" prono ai nazisti che si esalta con pervicacia, mentre ne è stata evidente l'umiliante pochezza. Il grande nemico sono i partigiani e la Resistenza, mentre vanno onorati i camerati dalla camicia nera in poi, compresi i ragazzi repubblichini, che "salvarono" l'onore nazionale. Che pochezza! Senza richiamare i valori antifascisti e le norme di legge che vietano l'esaltazione del fascismo e dei suoi cascami, io vorrei richiamarmi alla Storia e alla necessità che questa venga insegnata - scevra da ogni retorica, essendo onesto dire come ogni costruzione umana anche Resistenza ed antifascismo hanno avuto i loro difetti - perché senza questo si può finire nella trappola di un'ideologia totalizzante, che scalda il cuore e rassicura. Anche quando - come i neofiti della destra più nera - si rifanno a pensieri ed idee che mettono ribrezzo. Fatevi venire il mal di pancia e cercate sui "social" quelle pagine imbevute di rozzezze dell'ultradestra, fatte di slogan antichi riciclati, di violenza verbale che sfocia poi in quella fisica. Il revisionismo storico e il negazionismo di vicende come l'Olocausto sono il pane quotidiano di chi decide di mettersi il paraocchi e guardare ad una realtà di nobiltà ed onore che esiste solo in certe fantasie. La realtà cruda del fascismo e del nazismo è invece quella di due orrende e liberticide dittature e se la Democrazia ha le sue storture, nulla giustifica di riportare in vita certi zombie seppelliti e che ora tornano sulla scena come si trattasse di chissà quale nuovismo o riscatto d'orgoglio. Per cui, visto che la logica degli estremisti neri è quella dell'Ordine e della Legalità che si applichino con decisione le leggi esistenti e se ne facciano altre se quelle attuali non bastano. Il paradosso è che chi odia la democrazia invoca la libertà di pensiero della Costituzione, come se questa Carta fondamentale e i suoi principi nascessero dal nulla e non da quell'afflato di libertà senza il quale saremmo ancora fermi alle vicende di oltre settant'anni fa. E questo è un altro argomento, manipolato anche da qualche credulone della Sinistra, e cioè quello della "pacificazione nazionale", facendo ad esempio dei morti un elemento dolente e commovente che dovrebbe accomunare. Questa retorica d'accatto ha creato grandi equivoci non perché mi piaccia accanirmi contro qualcuno, ma se dalla Seconda Guerra Mondiale fossero usciti vincenti fascismo e nazismo, oggi non sarei neppure qui a scrivere queste righe e forse non sarei mai nato, perché mio papà - antifascista come il resto della famiglia - sarebbe stato messo al muro.