Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
12 dic 2017

La "Giornata della Montagna" non è un vuoto a perdere

di Luciano Caveri

Che nostalgia a pensare all'"Anno Internazionale delle Montagne 2002" nella prossimità della "Giornata della Montagna", che ne è l'erede. E non solo perché allora ne ero il presidente, quanto perché attorno alla montagna e ai suoi problemi - dal piccolo alla dimensione planetaria - esisteva un entusiasmo di cui esiste scarsa traccia. Anche se l'11 dicembre in ordine sparso si sono fatti un pochino ovunque festeggiamenti e incontri, ma la Rete che allora si era creata si è sfilacciata e c'è stato una specie di "rompete le righe", che non è cosa buona. In Valle d'Aosta poi, ormai da anni, si è scelto il tono basso, se non bassissimo, mentre c'è stato un momento in cui - a dispetto della nostra piccola taglia - eravamo indicati come un esempio, e non mancarono iniziative considerate importanti da noi stessi create. Ma questa questione delle politiche per la montagna rischia, invece, di affondare in un mare di melassa retorica, usata per slogan e senza fondamento progettuale. Lo scrivo con dispiacere, ma questa è la deriva che stiamo vivendo da tempo e non vedo svolte significative e soprattutto sforzi aggreganti e corali. Anzi, vincono quelli che coltivano piccoli e modesti giardinetti, altro che sogno di essere capofila, almeno di quanto naturalmente ci dovrebbe appartenere come impronta culturale, la "Montagna".

Tuttavia non dispero e penso che ci siano molte piste sulle quali lavorare e ne vorrei indicare qualcuna. La prima in ambito locale è far valere il principio che, se è vero che in qualche modo tutta la Valle d'Aosta è montagna, bisogna avere un coraggio crescente di definire interventi diversi sul territorio, visto lo spopolamento e la crisi demografica di molti Comuni di media e alta montagna. Per non dire della logica di degrado della cultura montanara in molte località turistiche, dove il tasso di incremento dei residenti rischia di creare un'illusione, trattandosi spesso di numeri o di persone ignare di dove abitano o di stagionali che potrebbero essere qui come altrove. Se non si ferma l'emorragia identitaria avremo una montagna senza montanari. Sul piano europeo c'è anzitutto da riprendere la prossimità: quei legami storici in particolare con savoiardi e vallesani, ma anche con i versanti piemontesi. Eredità antica che va ri-attualizzata, sapendo che il proprio modo di essere dev'essere obbligatoriamente connesso con chi ha condiviso nel tempo molti aspetti di vita e di cultura comuni. Lo sradicamento identitario già citato passa anche dalla solitudine del nostro vivere, quando invece il cammino comune del passato può e dev'essere rivitalizzato. Anche qui incombe il pericolo che gli argomenti finiscano in incontri al vertice senza alcuna ricaduta memorabile per i cittadini. La dimensione europea più vasta riguarda "EusAlp", la macroregione alpina, che pare indirizzata più in una logica tecnocratica che politica e me ne dolgo, essendo stato uno degli iniziatori. Vi è poi la dimensione mondiale, che si lega in qualche modo alla Civiltà alpina ed al ruolo di cooperazione allo sviluppo che le Regioni alpine possono incarnare, in quanto depositarie di molti strumenti di conoscenza che possono essere esportati nelle montagne più povere del mondo. Con la "FAO", dal 2002 si è lavorato con progetti interessanti, ma la cooperazione con il Terzo Mondo ha avuto in questi anni un declino per l'egoismo occidentale e anche perché molti Paesi sono diventati a rischio e si preferisce evitare di andarci. E' un vero peccato che questa "Internazionale delle Montagne" si sia inceppata, perché una delle cose che ho imparato occupandomi di certi dossier è come vi siano incredibili similitudini, malgrado i diversi gradi di sviluppo, fra le popolazioni montane dei diversi Continenti. E scambiare buone pratiche e capirsi sulle rispettive culture non è un procedimento caritatevole ma che arricchisce entrambe le parti. E' bene rifletterci per far ripartire la macchina delle politiche per la Montagna, che non vanno mischiate o inquinate in calderoni diversi, perché se ne perde davvero la ragion d'essere.