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07 ott 2017

Violenza in Catalogna e cattivi pensieri per la Valle

di Luciano Caveri

Vorrei dirvi perché oggi mi vergogno come cittadino europeo, sono attonito come cittadino italiano, sono partecipe come cittadino valdostano. Mi sveglio presto al mattino anche la domenica. E quella di ieri non era una giornata come le altre. L'immagine del voto in Catalogna, così come visibile sin dall'alba, erano le tante persone di tutte le età e con la gioia di un momento storico in coda davanti ai seggi ad aspettare con coraggio, viste le minacce ricevute, l'apertura delle cabine elettorali per prendere parte al referendum indipendentista. Un suffragio avversato con mille mezzi e mezzucci da una Spagna che ha dimostrato nei giorni passati e anche ieri di aver perso la bussola del buonsenso, agitando la Costituzione come simulacro ma usando poi i manganelli ed i proiettili di plastica contro persone inermi, dopo arresti avvenuti giorni fa più per politica che per norme penali.

Così per il mondo intero l'immagine in tempo reale rimasta alla mente è quella dei poliziotti spagnoli - tutti bardati e con tute nere e caschi alla "RoboCop" - con un'attitudine da vere e proprie truppe d'occupazione. Per combattere quella che riteneva essere una violazione del diritto costituzionale spagnolo, al posto di cercare soluzioni politiche, le autorità di Madrid hanno inviato le Forze dell'ordine statali a chiudere i luoghi del voto, bastonare i cittadini, rubare le urne con un'attitudine liberticida, degna del periodo franchista ed intollerabile in uno Stato che dice di essere di Diritto solo quando si tratta di negare il referendum per tracciare la via dell'indipendenza. Scelta sciagurata del mediocre premier spagnolo Mariano Rajoy Brey, che ieri sera ha peggiorato la sua posizione con dichiarazioni trionfalistiche sulle ceneri della sua credibilità. Pensare che Rajoy è nato a Santiago di Compostela, quindi in una Galizia che è una delle minoranze in Spagna e dunque l'esponente popolare non ha scusanti: dovrebbe ben conoscere le ragioni catalane, invece disprezzate. Ma lui, popolare e dunque cattolico, ha gettato al vento logiche evangeliche ed ha deciso di usare forza e violenza e risulta il "grande sconfitto" per la sua scelta di mostrare i muscoli e dire: «mai si voterà». Purtroppo Papa Francesco ha taciuto, se non con un ambiguo riferimento all'unità pronunciato a Bologna, su questa deriva violenta e questo - per un Pontefice di cultura spagnola, anche se di origine piemontese - è poco comprensibile, perché dal suo alto Magistero parla spesso di argomenti scottanti, ma questa volta ha glissato su fatti già noti per evidenti ragion di Stato. Già lo Stato, quell'organizzazione istituzionale che con la Spagna ha mostrato il suo cinismo nel quasi totale silenzio dei leader europei e delle autorità comunitarie, che penso non possano non aver compreso la portata epocale della crisi più grave in corso in diretta social sul territorio europeo da molto tempo... Una vergogna che non deve stupire: la Catalogna con il suo referendum segnava il cammino ad un'Europa ben diversa da quella degli Stati, che comandano a Bruxelles con il cinismo dimostrato in questa occasione, in barba a discorsi che parlano di federalismo europeo, di sussidiarietà, di regionalismo e di tutela dei popoli "minoritari". Al momento buono - in un silenzio siderale - la Spagna ha mostrato il volto feroce del potere statale e l'Unione europea non ha saputo fare da cuscinetto per una soluzione diplomatica che sarebbe stata alla sua portata. Se n'è lavata le mani con logica ponziopilatesca, dimostrando un'attitudine che preoccupa: la logica di non intervento in affari interni anche quando si minano principi democratici nel nome del rischio di ingerenza. Ingerenza un piffero! Si è trattato di silenzi gravi - Roma compresa e per questo sono attonito - e che mostrano, con l'eccezione del Premier del Belgio, Charles Michel, non a caso il Paese al momento più federalista fra quelli comunitari, una difesa degli Stati contro valori democratici elementari, come la libertà e l'autodeterminazione dei popoli per salvare equilibri che vogliono solo congelare l'esistente e negare la prospettiva di un'altra Europa non coincidente con gli Stati attuali. Sono indignato e si rompe così ogni illusione che consisteva, se applicata al "caso valdostano", in un semplice ragionamento. La Valle non ha una garanzia internazionale a differenza del SüdTirol, ma la nostra autonomia speciale poteva sperare in tutta quella parte dei Trattati - penso alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - che parlano del regionalismo, delle minoranze linguistiche, della zone particolari come quelle di montagna. Oggi sappiamo, invece, che siamo più soli: il giorno in cui Roma volesse cancellare la nostra Autonomia speciale saremmo senza protezione ed ogni protesta rischierebbe di essere travolta da logiche repressive con la complicità dell'Unione europea, convitato di pietra senza pietas ed ipocrita nel passaggio fra il dire e il fare. Come è avvenuto di fronte al sangue versato di cittadini europei con il torto di essere catalani.