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13 set 2017

Gli Etats généraux des autonomistes

di Luciano Caveri

Quel che colpisce nel ripensare agli eventi del secondo dopoguerra in Valle d'Aosta è come, nello stato d'animo sia dei principali protagonisti che delle folle che animavano le piazze, la Politica non fosse affatto la semplice spartizione di chissà quale incarico di governo o sottogoverno. Esisteva ben di più: la necessità ideale e anche concreta, vissuta con calore e partecipazione, di dare gambe ad un progetto forte e convincente per il futuro istituzionale della Valle. Potremmo oggi dire che esisteva nell'aria e nelle coscienze uno spirito "costituente", cioè la volontà di costruire un ordinamento il più confacente possibile alle ambizioni di una ripartenza. Certo le posizioni erano varie e quella più originale era il filone federalista per me ancora fecondo, ma c'era chi auspicava l'annessionismo con la Francia e si trattò persino per un possibile passaggio alla Svizzera, qualcuno adombrò pure una soluzione indipendentista, altri erano filoitaliani e c'era chi - ci sono sempre - giocò su più tavoli.

Fatto sta che, non ottenuta la garanzia internazionale chiesta a gran voce in vista del Trattato di Pace, non restava che trattare con Roma e rispetto alle promesse la soluzione finale - dai decreti luogotenenziali allo Statuto speciale - fu denunciata dai valdostani come un tradimento delle promesse avute. Si scelse egualmente di lavorare con questi strumenti giuridici da allora fino ad oggi, ma oggi anche quanto si ottenne è in discussione: l'Autonomia potrebbe finire nel tritacarne. Qualche tempo fa tornò al centro della discussione la riforma dello Statuto con una "Constituante" che dettasse linee per definire fra le forze politiche (quasi tutti aderirono) i contenuti, che poi ovviamente dovessero essere trasfusi al Consiglio Valle, titolare della legittimità istituzionale. Mi trovai - conscio di passare dal difensivo all'offensivo - a coordinarne i lavori, durati poco tempo quando scoprii, sentendomi pure ingannato, che la nobile e condivisibile iniziativa era per qualcuno solo motivo strumentale, perché serviva per motivare un cambio di Governo regionale. Amen per il progetto costituente, una volta raggiunto lo scopo. Ecco perché credo - per evitare che la montagna partorisca un topolino - che si debba agire con cautela in questo nuovo passaggio sulla scena politica, che è stato chiamato infelicemente "Rassemblement Valdôtain", evocando - penso inconsciamente - il nome di un'infruttuosa diaspora conservatrice dell'Union Valdôtaine che avvenne nel 1963. L'idea sarebbe quella di rifondare un'area autonomista su basi rinnovate ed adeguate ai tempi e ciò dovrebbe avvenire in un momento che pare davvero epocale per i destini dell'Autonomia valdostana, rimettendo assieme le forze che più ci credono. Una scelta che potrebbe - se su basi solide e senza secondi fini - risultare coraggiosa per uscire dal quel frazionamento, frutto di varie ragioni d'incomprensione che portarono alle rotture. Compresa la progressiva occupazione di un uomo solo al comando dell'Union Valdôtaine, Augusto Rollandin, che ha forgiato un sistema di potere che ha spinto molti ad andarsene - me compreso - e che oggi, tolte le valutazioni personali che non servono più, è un sistema agonizzante e inefficace. Perciò è giusto per tutti guardare avanti e non indietro, sotterrando - lo dico con ironia - l'ascia di guerra. Ma proprio l'esperienza della "Constituante" obbliga ad essere molto cauti, evitando corse contro il tempo sospette, dovendo evitare che dentro la scatola ci sia solo un cambio del Governo regionale in carica (criticabile per molte sue scelte e neppure formula politica valida per il futuro) a pochi mesi dalle elezioni. Non credo che questo ennesimo avvicendamento in corsa verrebbe capito, specie se si trattasse di una scelta a freddo, priva cioè di vere radici, piantata lì come un alberello di Natale destinato a rinsecchirsi. Per cui lungi da me fare il difensore dello status quo ma neppure di quello precedente e di quello ancora prima, visti gli andirivieni di alleanze, come non ricordare a questo proposito l'alleanza con Silvio Berlusconi & c. ed i misteriosi patti con Matteo Renzi alla caserma "Perenni" di Courmayeur. Esito? Norme d'attuazione dello Statuto pochissime e mai stati così privi di risorse economiche con un bilancio regionale pressoché dimezzato rispetto al mio ultimo bilancio da presidente della Regione di dieci anni fa. Mala tempora currunt: scarsi a Roma e spariti dal radar a Bruxelles. Sarei però sinceramente dispiaciuto se l'occasione di un riavvicinamento nell'area dell'autonomismo storico, che vede in giro alcuni veleni come la penosa strumentalizzazione della posizione cristallina di Elso Gerandin in Consiglio Valle, fosse buttata via.
In sostanza è necessaria chiarezza, senza la quale pesano molte incognite. Nel documento di "Mouv'" si dice che dovrebbero prima di tutto essere convocati, per definire tappe, modalità e contenuti programmatici del cammino comune, gli "États généraux des autonomistes". Un'idea a beneficio di un progetto per il rinnovamento della democrazia valdostana e delle sue Istituzioni e per il benessere della popolazione della Valle per evitare azioni verticistiche già confezionate. Cosi sarebbe, invece e con effetti disastrosi, se non si capisse l'importanza di rendere partecipi aderenti, simpatizzanti e chi voglia esserci in questo passaggio. Ma non solo: se bisogna definire la necessaria unitarietà nei modi opportuni in vista delle prossime scadenze elettorali, utili per legittimare con il voto dei cittadini la scelta di "réunification", sarebbe decisivo dar vita in prospettiva - definendone però i tempi sin da subito - ad un unico soggetto politico che faccia del pluralismo interno la sua forza, garantendo la stabilità di governo e la discontinuità contro le già evocate derive personalistiche, secondo principi di trasparenza, competenza e rettitudine morale. Un'azione potente nel solco dello sviluppo dell'identità valdostana e di una gestione corretta del nostro territorio in quadro di collaborazione con il resto delle Alpi e in Europa con i popoli che chiedono più autogoverno. Un percorso serio e condiviso servirebbe in sostanza per evitare il rischio di mettere il carro davanti ai buoi e per fare in modo che ci sia alla base un momento forte e pubblico di svolta. Altrimenti saremmo di fronte ad un'operazione piccina e senza fondamenta. Bisogna volare in alto e non provarci stando raso terra. Sempre meglio essere aquila che dodo, l'uccello delle Mauritius che non volava e si estinse perché sterminato. Il perimetro politico dev'essere chiaro e definito visti i troppi autonomisti di facciata in giro, ma aperto e inclusivo verso le persone che vogliano esserci, chiedendo loro un'adesione sentita e non opportunistica - la famosa passione! - in favore di un rilancio in chiave federalista e federativa della Politica valdostana e dell'Autonomia come bene comune.