Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
23 ago 2017

Un Santo, un Papa e un Comune con la faccia di bronzo

di Luciano Caveri

Sono davvero dispiaciuto di non poter essere ai primi di settembre in Val Formazza per un convegno scientifico su San Bernardo di Aosta, una personalità straordinaria, ancora molto da studiare. Ricordo che è il santo delle Alpi, patrono anche degli alpinisti e dei viaggiatori. A deciderlo fu, nel 1923, Papa Ratti. C'è un bel libro "Pio XI Achille Ratti: il prete alpinista che divenne Papa", scritto da Domenico Flavio Ronzoni, che racconta la sua vita e anche dell'eccellente curriculum alpinistico di Papa Ratti, quando era ancora Don Achille, con un'attività che si svolse tra il 1885 e il 1913. Due sono molto importanti: la prima ascensione italiana alla Punta Dufour (4.634 metri) raggiunta dall'himalayana parete est del Monte Rosa, e l'apertura di una nuova via - percorsa in discesa - sul versante italiano del Monte Bianco, che diverrà la "Via Normale" italiana, poi chiamata "Ratti-Grasselli" o "Via del Papa".

Scriveva il futuro Papa: «...l'alpinismo vero non è già cosa da scavezzacolli, ma al contrario tutto è solo questione di prudenza e di un poco di coraggio, di forza e di costanza, di sentimento della natura e delle sue più riposte bellezze, talora tremende, allora appunto più sublimi e più feconde per lo spirito che le contempla». Fu dunque tutt'altro che un caso la sua Lettera Apostolica con cui proclamò San Bernardo patrono degli alpinisti, invitando a Roma le sue amiche guide di Courmayeur. Leggiamo cosa scrive Domenico Agasso su santiebeati.it con tono militante: «Grazie a uomini come lui, l'Europa ha rialzato la testa mille anni fa, dopo aver preso schiaffi per secoli un po' da tutti: Arabi, Normanni, Slavi, Ungari... Alcuni lo dicono nativo di Mentone. Da documenti vicini al suo tempo risulta di famiglia valdostana: e ad Aosta egli diventa arcidiacono della cattedrale, noto anche come predicatore. Di lui è più ricordata tuttavia l'opera di rianimatore della vitalità europea in uno dei suoi punti più colpiti: il passo di Monte Giove (detto poi in suo onore Gran San Bernardo). E' l'importantissimo valico che consente il viaggio lineare da Londra alla Puglia, per merci, persone, idee. Dice una preghiera in suo onore: "Il miracolo di Monte Giove, o Bernardo, mostrò la tua santità. Qui tu hai distrutto un inferno e costruito un paradiso". Alla fine del IX secolo, forze arabe partite dalla loro base di La Garde-Freinet (Costa Azzurra) hanno occupato con altri valichi quello di Monte Giove e i villaggi dei due versanti. Qui si sono poi dedicati a rapimenti, sequestri, uccisioni, incendi di monasteri, chiese, paesetti. Ci sono poi signorotti locali, cristiani, che li assoldano volentieri per le loro contese; e non manca chi si spinge fino a imitarli nelle estorsioni. Questo è l'"inferno". E finisce dopo che nel 973 Guglielmo di Provenza distrugge la base araba di La Garde-Freinet, provocando il ritiro delle bande dai monti. Per l'alto valico (a 2.473 metri) riprendono i passaggi, con gravi disagi per ciò che è stato distrutto o bruciato. E qui arriva Bernardo. Che non porta subito il "paradiso". Anzi: il suo lavoro inizia nella prima metà dell'XI secolo con molte difficoltà e pochi mezzi. Ma con un'idea innovatrice: tagliare a metà la consueta tappa Saint-Rhémy (Val d'Aosta) Bourg-Saint-Pierre (Vallese) e stabilire una tappa intermedia proprio sul valico. Intorno all'idea, per opera sua e dei continuatori, si sviluppa l'organizzazione. Invece di un semplice rifugio, i viaggiatori, i cavalli, le merci, troveranno accoglienza organizzata, servizio efficiente, sotto la direzione di una comunità monastica impiantata da lui, e cresciuta dopo di lui, con lo sviluppo di edifici e servizi dalle due parti del valico. A Bernardo si attribuisce anche la fondazione dell'ospizio sull'Alpe Graia (Piccolo San Bernardo), ma la cosa non è certa». Invece, oggi possiamo dire oggi che è così, perché ci sono documenti che lo dimostrano. Torniamo al testo: «E poi c'è l'altro Bernardo: il predicatore, non solo nella Vallée; anche nella zona di Pavia, ad esempio. E nel Novarese: in sintonia con la riforma della Chiesa, Bernardo si batte contro l'ignoranza e i cattivi costumi del clero, l'abbandono dei fedeli, il commercio delle cose spirituali. E' la parte meno nota della sua vita, ma è anche quella che impegna tutte le sue forze. Anzi: Bernardo muore appunto facendo questo lavoro, mentre si trova a Novara, la cui cattedrale custodirà poi le sue spoglie». E proprio da Novara sono partite le prime iniziative per ricordare San Bernardo, visto che nacque probabilmente tra il 1016 e il 1020 (ad Aosta!) e morì a Novara nel 1081 o nel 1086. Dunque si è deciso che le manifestazioni si svolgeranno in questi anni, culminando i mille anni dalla nascita nel 2020! Occasione enorme per ribadire che San Bernardo non è di Mentone. Quella definizione è frutto di un falso storico, oggi si direbbe di una "fake news": una nobile famiglia francese di Menthon in Alta Savoia, volendo attribuirsi la paternità di un santo nato nel loro castello, si era rivolta nel XV secolo a tale Richard de Valdisère commissionandogli un manoscritto su la "Vita di San Bernardo da Mentone". Balla spaziale che ancora sopravvive alla realtà storica di un Santo valdostano con la faccia di bronzo del Comune francese autoproclamatosi, senza neppure il senso del ridicolo, Menthon-Saint-Bernard. Poveri noi: consola l'idea che Pio XI sapesse bene del tarocco.