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24 lug 2017

Il ritorno dell'eroina

di Luciano Caveri

Ricordo di essermi vivamente stupito, guardando una serie televisiva americana di successo, che raccontava l'epoca pionieristica della chirurgia, ambientata nella New York del 1900, con - come protagonista - il brillante ma sbiellato dottor John Thackery, noto semplicemente come "The Knick", così si chiamava lo sceneggiato. Era un racconto di come molti medici in quel tempo - e lo sapevo già - fossero tossicodipendenti da morfina, ma quel che invece non sapevo - ed era appunto la ragione dello stupore - è di come allora per uscire da questa sudditanza a questo tipo di droga venne usata l'eroina, derivata dalla morfina. Siamo nella seconda metà dell’Ottocento e a commercializzare il prodotto delle ricerche fu la "Bayer", la stessa società tedesca che - sempre con il medesimo procedimento chimico noto come "acetilazione" - "inventò" in quegli anni l'"Aspirina", derivata dall'acido salicinico.

Fu chiamata eroina (dal tedesco "heroisch", eroico), nell'errata convinzione che fosse priva di quegli effetti di dipendenza e di assuefazione palesati dalla morfina e nel film si vede in fretta - sulla pelle del dottor Thackery - come si trattasse di una previsione infondata, perché l'eroina è purtroppo molto più potente della morfina e causa una schiavitù molto più forte. Leggevo su "La Stampa", a firma di Nicla Panciera da Milano, un articolo molto interessante, il cui incipit era ben chiaro: «Sembrava relegato al passato degli Anni 70 e 80, invece l'incubo eroina è tornato. Ad un prezzo low cost di 5 euro al grammo. Ed è già un flagello: sono 205 mila quelli che l'hanno usata in Italia nel 2015, secondo l'osservatorio europeo delle droghe. Mentre per l'Ipsad (Italian population survey on alcohol and other drugs) gli eroinomani sono in realtà 300 mila. Un numero prudenziale da incrociare, ad esempio, con i dati del servizio sanitario lombardo, che seguirebbe 54 mila persone per abuso. La maggior parte consumatori della "brown sugar" non più iniettata in vena, ma fumata o sniffata. E con la droga di strada, tornano a fiorire anche le comunità, dimezzate rispetto agli Anni 80 e di nuovo in ascesa negli ultimi tre-quattro anni». L’articolo poi entra nel dettaglio di una droga che colpisce di nuovo diverse fasce d'età, mischiata ad altre sostanze, con l'inventiva degli spacciatori di differenziare il prezzo, sino a dosi gratis ai più giovani per incentivare la tossicodipendenza. Mi soccorre una frase dello psicanalista Umberto Galimberti: «Il piacere della droga non è la scelta di una maggiore intensità della vita al prezzo della sua brevità, è la scelta dell'astinenza dalla vita, perché questa, una volta apparsa in tutta la sua insignificanza, prosegua pure il tracciato della sua insensatezza, ma risparmiando almeno il dolore. A questo tende il piacere della droga, ossia il piacere dell'anestesia, a null'altro». Il piacere: questa mi sembra essere una delle chiavi di lettura, pensando a come l'eroina abbia colpito la mia generazione. Mi viene in mente un prete, Don Eraldo Segafredo, parroco ad Issogne, paese della Valle colpito più di altri dal flagello di questa droga: sarà stato una trentina di anni fa e ricordo questo prete, seduto di fronte a me nella sua canonica, con la testa fra le mani che mi diceva: «Luciano, sono morti e moriranno e io mi sento impotente». Oppure ricordo un amico torinese, persosi poi nei meandri della vita, che a sedici anni mi disse con aria spavalda: «Ho cominciato a farmi di "roba"». E alle mie obiezioni preoccupate rispose: «Io la sostanza la controllo». Anni dopo, lo ritrovai spento e grigio, ormai sprofondato in una tossicodipendenza che lo aveva reso un autonoma in preda alla ricerca disperata di una dose. Mi ricordo di quella persona cara, che cercai di fare uscire dal tunnel dell'eroina, accompagnandolo da chi lo avrebbe potuto aiutare ad uscirne. Un giorno, uno psicologo amico mi disse che non aveva più alcuna volontà di farlo e io affrontai quella persona, già ombra lontana di chi era stato, e lui mi rispose: «Tu non capisci, Luciano, quel buco è qualcosa di meraviglioso, un godimento puro, un orgasmo a mille, che cancella tutto lo sbattimento e il dolore precedente e da lì ricominci ogni volta». E' morto poco tempo fa, roso dalle malattie accumulate in anni di dipendenza dall'eroina, che come un mostro lo aveva avvolto e infine ucciso anzitempo. Eppure la verità è che l'eroina torna a mietere le sue vittime, ingrassando le Mafie, e i travet del buco, che credono in qualche modo di poter domare la perfidia della sostanza, finiranno consumati in una crescente indifferenza, visto che il "problema droga" dal punto di vista sociale, più che sul versante repressivo, è finito nel dimenticatoio.