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23 mar 2017

Dai boatos alla realtà

di Luciano Caveri

In Politica da sempre c'è - in un crescendo rossiniano figlio dei tempi - l'incognita dell'incidenza della Magistratura. Il caso italiano è significativo, pensando al solito esempio: il passaggio dalla Prima Repubblica alla sedicente Seconda Repubblica non è avvenuto per mano di un cambiamento costituzionale importante, tale da modificare la numerazione, ma dalle inchieste assai incidenti dell'epoca di "Tangentopoli". Nel nostro piccolo della Valle d'Aosta, pensando proprio alle vicende politiche che portarono Augusto Rollandin ad essere un giovane presidente della Regione, ci fu invece l'"Affaire Casinò" all'inizio degli anni Ottanta, che pareva in realtà chissà cosa per poi sgonfiarsi sino all'ultimo grado di giudizio. Ma intanto aveva agito con evidenti discontinuità.

Da allora, con periodicità - e nella stessa carriera di Rollandin, ma non solo di lui - altre inchieste hanno scompaginato le carte in certi momenti, a dimostrazione che l'equilibrio dei poteri incide ancora oggi nelle Istituzioni. Per altro questi decenni, che ho vissuto prima da cronista e poi da politico, sono sempre stati pieni di "boatos" di vario genere, che ponevano tutti "sul chi vive". Direi, a conti fatti, che sono state più le "bufale" che la realtà, anche se la recente sentenza sull'uso dei fondi dei Gruppi ha creato rimescolamenti mica da ridere, di cui forse non abbiamo ancora piena contezza, specie per le ricadute che avranno certe storie sull'umore dell'elettorato, chiamato fra un anno alle urne per le Regionali. Quel che è certo è che siamo di nuovo in un periodo di "sussurri e grida", nel senso che mai come in questo momenti i bene informati - sempre che lo siano - annunciano da giorni possibili colpi di scena, come sviluppo di inchieste già in corso da tempo e che hanno già avuto sviluppi clamorosi. Il filone sarebbe fatto di malaffare di politici e di legami perversi con mondo degli affari e persino della criminalità organizzata, su cui spicca già da tempo il ruolo terribile della 'ndrangheta. Vero o falso? Fantasia o fatti reali? Questo sarà il tempo a dirlo. Mi permetto solo di osservare che, pur non essendoci nessuno che può dettare l'agenda di indagini da un possibile forte impatto, sarebbe bene che certi nodi, se esistono davvero, arrivassero al pettine. Non lo dico per il gusto del colpo di scena, quanto perché determinate situazione di incertezza - fra pettegolezzi e scoop - possono pesare sulla necessità di avere certezze, unica garanzia davvero per un punto a capo secco e risolutore. E' indubbio, infatti, che tante storie dette o non dette, reali o immaginate, palesi od occulte danneggiano in profondità l'immagine esterna della Valle d'Aosta e pongono anche la situazione interna di fronte ad un terreno scivoloso, che non consente quel superamento degli ostacoli che risulta indispensabile per rompere con il passato. A maggior ragione se certi fantasmi usciranno dagli armadi con conseguenze di cui per ora si vocifera a mezza voce e anche questo, in fondo, non va bene. L'auspicio, forse un po' ingenuotto, è che si tenga conto - nella delicatezza di eventuali situazioni - come il fattore tempo non sia per nulla banale. Anzi, avere contezza di tutto ed illuminare la scena di eventuali delitti consentirebbe di avere una successiva serenità d'animo per capire come organizzare quel movimento di ricostruzione senza il quale si starebbe lì come allocchi in attesa di capire meglio. Invece, un dinamismo è utile per le scelte future, proprio per evitare che si ingeneri davvero la convinzione che la Valle d'Aosta poggi oggi su di un terreno paludoso, che rischia di inghiottire tutta quella costruzione che sino ad oggi pareva solida, che è l'Autonomia della Valle.