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15 mar 2017

Rollandin sfiduciato

di Luciano Caveri

Ho l'impressione che ci voglia ora, citando il verso leopardiano, "la quiete dopo la tempesta" nella politica valdostana, che in questi ultimi mesi ha vissuto di continui saliscendi e veleni. Noto in una parte di cittadini una certa incomprensione ed una tendenza a non distinguere troppo gli uni dagli altri, che potrebbe alla fine canalizzarsi malamente ed è bene tenerne conto. Questo non significa affatto fare sconti su vicende passate, perché l'equilibrio non significa smemoratezza per capire bene chi, come, dove, quando e perché. Anzi, spero che si faccia luce su molte questioni che hanno sempre avuto in questi ultimi anni un'alea di mistero e pure di "retroscenismo" che andranno indagati senza logiche di vendetta ma in uno spirito di ripartenza e anche di conoscenza dei fatti. Premessa indispensabile per agire.

Ci sono diverse ragioni vissute nel tempo e anche nel presente, aspetti generali e vicende personali, grandi storie e piccoli eventi che creano - nella mozione di sfiducia, che per una piccola incollatura ha abbattuto la Giunta "Rollandin ter" di questa Legislatura - una viva soddisfazione per l'evento. Ciò va al di là della caduta dell'Empereur e della sua vasta combriccola del bouquet magico che lo ha circondato e che va ricordato bene contro il rischio che ora che alcuni - soliti noti - si affannino a mimetizzarsi come camaleonti. Anche se e lo sa bene chi da lui abbia subito qualche angheria che si poteva evitare e fastidi da certi suoi servi sciocchi, almeno un sorriso di compiacimento per la sconfitta dei metodi ci sta. L'arroganza del potere e l'eccesso di sicumera devono avere dei confini perché sennò vengono meno logiche di civile convivenza. Il troppo stroppia e mai deve mancare il rispetto delle persone e delle Istituzioni che si incarnano e chi gioca con il fuoco, dimostrandosi insincero, prima o poi si brucia. E questo valga come insegnamento per eventuali cloni che si vogliano mettere sulla stessa lunghezza d'onda. Tuttavia, trovo che un primo punto dovrebbe essere, dopo tanto parlarne, necessario: mantenere un profilo basso e non aprire bottiglie di champagne, perché va ricostruito un quadro di confronto, uscendo da certe situazioni che rischiano alla fine di svilire la Politica, se diventasse solo occasione sboccata per hooligan e tifoserie varie. Esiste lo scontro politico, anche feroce, ma poi ci sono il senso civico e il bon ton istituzionale che prevedono che non debbano scorrere il sangue all'infinito, ma l'equilibrio e la misura sono molto meglio della retorica del trionfalismo. C'è in sostanza la necessità, nel rimarcare con forza ogni differenza e discontinuità, di capire su cosa e in che modo si debba saper discutere, perché la rissa continua nuoce. Per cui il caso specifico e la nuova compagine governativa finiscono per avere un significato solo se si intendono come un punto di partenza e non certo di arrivo. Anche perché i numeri in Consiglio Valle dicono, ancor prima di certi distinguo sulle posizioni della multicolori della nuova maggioranza, che nessuno ha certezze infinite e può gonfiare i muscoli come fanno i lottatori. Bisogna avere l'umiltà di ricostruire piano piano quanto è stato distrutto e i dossier complessi non mancano e nessuno può pensare di fare miracoli, ma neppure si potrà pensare di guardare nello specchietto retrovisore amplificando all'infinito le responsabilità pregresse, anche perché molti c'erano. Il cambio di passo serve, avendo però ben presente dove si voglia arrivare senza paura delle elezioni, ma seminando anche per una distanza che vada al di là.