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08 mar 2017

La crisi politica in Valle d'Aosta

di Luciano Caveri

Sono così distante geograficamente in queste ore da avere difficoltà a seguire bene le vicende politiche valdostane, culminate - per curiosa combinazione - proprio nel giorno del "mercoledì delle Ceneri", che ha dato il via alla Quaresima. Da qui a Pasqua - guardando ai sessanta giorni di prorogatio della Giunta attuale, prima di eventuali urne - si gioca la Legislatura in un clima non proprio penitenziale. Comunque per informarmi a distanza mi sono ingegnato e per altro se ho problemi io di roaming telefonico che rende sconsigliabile attaccarmi al telefono, pare a parziale consolazione che alcuni intoppi telefonici si siano avuti, nelle ore più concitate per la politica valdostana, a distanze di poche decine di metri, anche ad Aosta, città fra partner autorevoli della maggioranza governativa, aggiungendo incomprensioni al clima già bollente da molte settimane.

Con giudizio e senza assilli sono riuscito, grazie alle tecnologie correnti, a leggere le notizie, a scambiare messaggistica varia ed a guardare i commenti su "Twitter". In questi ultimi si nota come non tutti vedano le stesse cose con i medesimi occhi. I fatti ci sono, ma le interpretazioni divergono. Fatemi scrivere - e lo faccio solo perché nella nostra Valle si ascoltano anche i silenzi - che il primo dato è che «la miglior difesa è l'attacco». Per cui nel giorno in cui pareva essere avviata la fine dell'attuale Giunta Rollandin, dopo una navigazione da inizio Legislatura perigliosa e persino inventiva in certi passaggi (nemici giurati che salgono sulla nave sino a poco prima considerata "pirata") sembrava che arrivasse infine e direi finalmente il de profundis. E invece - coup de théâtre - gli assessori della Giunta Rollandin (tranne Laurent Viérin che non ha saputo, anche per il mancato contatto al telefono con Rollandin, cosa facessero i suoi colleghi) hanno dato le dimissioni con mossa studiata a tavolino per sparigliare e l'unico sulla tolda è rimasto il capitano della nave, attendendo eventi e navigando nelle acque dell'ordinaria amministrazione (e distinguere bene cosa sia non è facile) con qualche rotta nella testa. Sui perché questo sia avvenuto ognuno, come con i commenti a metà partita in certi scontri calcistici, ha la sua teoria e pensa di saperne di più. Si va dal "Governo di scopo" a geometria più o meno variabile dopo una mozione di sfiducia, a chi ipotizza possibili rimpasti con chissà quali retroscena oppure c'è chi vede elezioni regionali anticipate sempre più vicine. Anche se su tutto incombe la legge elettorale da rifare per scongiurare un diciotto a diciassete, per altro non facilmente ripetibile anche a legislazione vigente. Nella situazione complessa, "Mouv'", neonato Movimento d'opinione, conta sulla saggezza di Elso Gerandin in Consiglio e si vedrà, secondo i diversi scenari, cosa fare, capendo anche bene - a mente fredda e guardando alle prossime mosse - le ragioni delle scelte di queste ore dell'ormai defunta (o zombie) Giunta Rollandin. Due osservazioni le vorrei fare. La Giunta Rollandin "uno", quella "bis" e pure la "ter" - con buona pace di chi ne ha fatto parte - hanno lavorato ed agito in questa Legislatura con un Capo supremo, il sempreverde Augusto Rollandin, che ha fatto e disfatto come voleva, sino alla cinica scelta di ieri. E' ben nota la mia valutazione negativa del suo operato e lo dimostra lo stato attuale della Valle d'Aosta e i tanti, troppi dossier intricati e irrisolti. Malgrado alcune concessioni in questi ultimi tempi, la sostanza del suo potere è rimasta forte e la sua eventuale, se definitiva, caduta sarebbe solo un sospiro di sollievo. A condizione di non farne una vittima: situazione in cui si trova a suo agio e che non va sottostimata per la sua capacità di manipolare ancora un notevole numero di valdostani, che hanno evidentemente gli occhi ricoperti di pelle di salame. Ma la sua uscita di scena sarebbe salutare e spezzerebbe una sorta di incantesimo, che ha imprigionato in Valle d'Aosta e il suo futuro. Ero stato "processato" nel gennaio del 2015 da due esponenti dell'Union Valdôtaine Progressiste, quando - avendo loro in mente un riavvicinamento - osai scrivere un post in cui segnalavo il persistere nella politica valdostana del "fattore R" e così mi esprimevo e certo la franchezza in certe situazioni non piace: "Da noi, invece, esiste il "fattore R" dal cognome Rollandin, attuale presidente della Regione, sulla scena della politica valdostana con alti e bassi da una quarantina d'anni. Oggi la sua presenza è ancora l'elemento centrale della politica valdostana non solo per la sua personalità, ma per il metodo e i modi - assieme sornioni e spregiudicati - che uniformano la sua azione politica, negli aspetti noti e in quelli celati. Naturalmente è un sistema di potere declinante e anacronistico, da anni inefficace nella conduzione della cosa pubblica, ma la rete di rapporti e di interessi ha creato una situazione di "tappo", da cui non si riesce ad uscire con uno stallo che inquieta e rischia di colpire al cuore il sistema autonomistico valdostano. Eppure cambiare sembra sempre difficile per l'abilità camaleontica di chi lavora sul "divide et impera", sull'"usa e getta" di amici e alleati, sulla seduzione degli avversari vecchi e nuovi, su legami più o meno noti con centri di potere e sulla forza persuasiva di un carisma fatto di minacce e di blandizie. Così avviene anche in queste ore in cui, con lo scenario alle porte delle elezioni comunali in Valle d'Aosta (che pure - sia chiaro! - devono prevedere accordi a geometria variabile a seconda delle necessità locali), il "fattore R" influenza accordi e trattative per perpetrare la sua avvolgente influenza al solo scopo di mantenere saldamente il comando, ormai inefficace nelle sue realizzazioni concrete per reagire alla crisi economica e all'impotenza della politica". Venni rimproverato di una sorta di cieca inimicizia, quando le mie erano e restano considerazioni politiche, come argomentai allora piuttosto seccato. Ma questo ormai è passato di cui avere memoria, anche se bisogna guardare avanti, altrimenti si resta prigionieri di rancori e rivalse. La seconda considerazione è che c'è bisogno di capire presto cosa avverrà. Chi ha fatto politica attiva sa che esiste una percezione interna degli avvenimenti politici e cioè la convinzione che il mondo attorno a te segua con passione lo svolgersi delle vicende. La realtà, invece, è che su certe complesse vicende a una larga parte dell'opinione pubblica arrivano solo messaggi incompleti, cui in molti reagiscono più con una comprensione emotiva che con una consapevolezza dei singoli passaggi che creano il quadro complessivo. Perché questo non generi ancora distacco e sfiducia in un'opinione pubblica stupita è bene che si capiscano i lavori in corso e lo si faccia senza troppi giochi o giochini fuori onda, come invece penso sia avvenuto ieri con i fuochi d'artificio delle dimissioni e in alcuni passaggi precedenti che hanno portato sino a qui. Vedremo...