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03 feb 2017

Valle d'Aosta: la speranza contro la depressione

di Luciano Caveri

Lo scenario sconsolante che si scorge in questa nostra Valle d'Aosta è ancora da svelare del tutto, come potrebbe avvenire nella fase di completamento di un puzzle complesso, di cui per ora abbiano svelati solo alcuni pezzi. Ma quel che c'è di interessante e inquietante lo si comincia ad intravvedere lo stesso, anche se mancano certi aspetti ancora in ombra, che potranno rendere finalmente intellegibile il quadro complessivo di un Sistema sprofondato in Regime. Ne parlo guardando a certe cronache che si fanno sempre più nere: fa impressione, infatti, constatare quante piaghe si siano aperte sul corpo malato della povera Valle e il flusso di notizie - come gocce d'acqua che consumano la roccia - creano in tutti noi una sorta di "effetto a catena" di spaesamento che non si capisce dove finirà. Questo avviene sempre nelle epoche di transizione, quando cioè finisce un periodo e questo passaggio si manifesta in modo ancora indistinto per chi lo viva, mentre confusamente avanza il nuovo che ha caratteri tutti da scoprire.

Una sola certezza emerge: le crisi profonde e concomitanti pretendono soluzioni e cambi di marcia. Parlare della "fine di un Impero" potrebbe essere suggestivo per evidenti ragioni, però vale di più pensare all'esaurimento - con chissà quali colpi di coda e choc non troppo prevedibili - di un modello di gestione della cosa pubblica, che aveva avvolto con una cappa di piombo tutta la società valdostana, creando un situazione sfociata ormai in una sorta di paralisi. In queste ore se ne parla molto e ad alcuni è pure tornata la favella. Ricavo l'impressione che l'attesa suscitata sia notevole e anche la curiosità di capire come, partendo dalla Politica in senso vasto, si possa immaginare cosa avverrà. E il bello di certi punti e a capo è che si possa aprire una discussione e non solo. Mi viene in mente quel personaggio seicentesco, così moderno che è - nato dalla penna immortale di Miguel de Cervantes Saavedra - Don Chisciotte della Mancia e quel brano celeberrimo: "Ai pazzi per amore, ai visionari, a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno. Ai reietti, ai respinti, agli esclusi. Ai folli veri o presunti. Agli uomini di cuore, a coloro che si ostinano a credere nel sentimento puro. A tutti quelli che ancora si commuovono. Un omaggio ai grandi slanci, alle idee e ai sogni. A chi non si arrende mai, a chi viene deriso e giudicato. Ai poeti del quotidiano. Ai “vincibili” dunque, e anche agli sconfitti che sono pronti a risorgere e a combattere di nuovo. Agli eroi dimenticati e ai vagabondi. A chi dopo aver combattuto e perso per i propri ideali, ancora si sente invincibile. A chi non ha paura di dire quello che pensa. A chi ha fatto il giro del mondo e a chi un giorno lo farà. A chi non vuol distinguere tra realtà e finzione. A tutti i cavalieri erranti. In qualche modo, forse è giusto e ci sta bene... a tutti i teatranti".

Come vorrei che fosse una vera e propria "compagnia di giro" ad assemblare idee e pensieri in libertà, scalfendo questa cappa di grigiore e timori, rabbia e stanchezze che ammorbano oggi il cielo della Valle d'Aosta. Le pagine nuove da scrivere richiedono volontà congiunte che sappiano affondare nelle radici dell'utopia. Così ha scritto sul tema il teologo Vito Mancuso: «Oggi le utopie sono morte, ma con esse purtroppo sembra siano morti anche gli ideali. Talora ne discende una specie di depressione collettiva della speranza e dell'immaginazione sociale e, ancora peggio, una sfiducia di fondo dell'umanità in se stessa». Una situazione di scoramento cui bisogna reagire, facendosi avanti.