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31 gen 2017

Riflettere sull'avvenire

di Luciano Caveri

L'altro giorno, accompagnato dal piccolo Alexis, che è rimasto intimidito solo per qualche minuto davanti a "Monsieur le Sénateur" e poi si è messo buono su di una poltrona incuriosito dai nostri dialoghi in francese, sono andato a trovare il decano della Politica valdostana, César Dujany, classe 1920. Con lui ho condiviso anni di lavoro parlamentare a Roma e poi una lunga amicizia che si basa su una visione realista ma anche ironica di tante cose che osserviamo da diversi punti di vista, trovando poi tante coincidenze, frutto anche di quegli automatismi che derivano dalla lunga frequentazione. Era l'occasione per farsi gli auguri per l'anno che inizia, ma soprattutto per fare due chiacchiere sulla situazione politica, spaziando non solo nel piccolo giardino - talvolta ormai giungla - della Valle d'Aosta, perché César è informatissimo su quanto si muove in Italia, in Europa e nel mondo. Lo fa leggendo i giornali con attenzione e aggiornandosi sui libri più vari, dimostrando un'invidiabile vivacità intellettuale, che è dimostrazione di come a qualunque età si debba fare ginnastica anche con il cervello e che certi discorsi sulla rottamazione facciano sorridere di fronte a certa vigoria intellettuale senza età che dà punti ai rottamatori spesso senza rotta nel loro navigare.

L'aspetto singolare, pur avendo noi una quarantina d'anni di differenza ed anche background diversi nella rispettiva formazione culturale, dovuti anche al fatto di appartenere a generazioni diverse, è - come dicevo - l'assonanza su alcuni temi di fondo. Anzitutto la visione sul futuro dell'Autonomia valdostana che o ritrova un suo dinamismo o rischia di fermarsi e sono comprese nei timori anche gli equilibri politici interni ondivaghi e le molte debolezze che stanno crepando le nostre Istituzioni. Per non dire della cattiva visione all'esterno della nostra Valle, così come sull'indebolirsi di una rete di relazioni politiche in passato dimostratasi indispensabile, perché senza capire il contesto in cui ci si trova ad operare più che far chilometri in bicicletta verso una meta si consumano energie spingendo sui pedali di un'immobile cyclette. Non farò nomi e cognomi di coloro di cui abbiamo discusso e eviterò riferimenti precisi, perché naturalmente certi colloqui hanno un carattere privato ed a questo mi attengo. Ma quel che resta è la medesima visione di rischi incombenti che appaiono ogni giorno sulla scena e occhieggiano all'orizzonte e c'è anche il dispiacere per le attività positive del passato che rischiano, anche rispetto ai ruoli che abbiano ricoperto, di essere distrutte nel presente ed in avvenire con quelle troppe incognite, cui non vediamo dare le risposte necessarie per evitare il peggio. Sembra mancare in sostanza un senso storico. Ne ho approfittato per raccontargli in anteprima questa mia adesione al progetto che questa sera - aperto a chiunque voglia assistere - verrà presentato ad Aosta. Non mi dilungo su particolari, perché credo che si debba essere rispettosi di chi questa sera sarà lì e debba esserci - lo dico ironicamente - un minimo di attesa. Ma la realtà è che l'impegno politico, che sia piccolo, grande o medio, che si estrinsechi nella vita quotidiana o nell'essere eletto da qualche parte, dovrebbe far parte - e lo è stato in certi passaggi storici, alcuni riusciti altri no - della cultura politica dei valdostani. I diritti civili, anzitutto quelli politici, sono diritti costituzionali inalienabili e solo nelle dittature se ne impedisce l'esercizio, ma anche in un democrazia cova il rischio del disimpegno che non è solo astensionismo e di quel mondo multiforme che è il qualunquismo, che oggi sui "social" - scusate la brutalità - diventa spesso bassa corte. Bisogna, lavorando sulle cose vere e attese, trovare l'antidoto contro certi veleni e penso che un Movimento d'opinione possa essere un punto da cui partire.