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27 gen 2017

C'era una volta il Kilometro Lanciato

di Luciano Caveri

La storia del Breuil-Cervinia, senza risalire al secolare sfruttamento della conca come zona di monticazione del bestiame, si gioca su due periodi fondamentali: nella seconda metà dell'Ottocento la testata di valle della Valtournenche diventa oggetto d'interesse per la conquista del Cervino (avvenuta nel luglio del 1865) e dunque per lo sfruttamento alpinistico, la seconda - a partire dagli anni Trenta del Novecento - riguarda invece lo sci e il turismo invernale. Per cui, tutto sommato, si tratta di una storia breve rispetto ad altre località della Valle d'Aosta, anche se certe zone - come il Colle del Teodulo - potessero parlare potrebbero raccontarci storie avvincenti caratteristiche dei passi alpini più importanti e delle diverse forme di passaggio a seconda delle epoche e dei cambiamenti climatici che aprivano e chiudevano certi sentieri di alta quota.

Se oggi, agli abitanti contemporanei del paese chiedessimo che cosa c'è fra le cose più significative che non ci sono più, sul filo del ricordo e della nostalgia, le persone più anziane citerebbero senza alcun dubbio due aspetti: il "Kilometro Lanciato", finito di fatto nel 1978, e la sua epopea e la pista di bob, chiusa da ormai venticinque anni, dopo anni di onorato servizio. Sul bob ci sono state diverse manifestazioni di ricordo, ad esempio qualche tempo fa una mostra a Saint-Vincent ricca di documentazione e pure di un bob che più di tante cose era segno dio certi tempi gloriosi di questo sport così spettacolare. Sul "KL" mancava, sino ad oggi, un lavoro di sintesi e finalmente, con un primo di due volumi, ci ha pensato un dinamico e acuto giornalista vercellese, Luciano Proverbio, che usa lo sport per riflettere sulla Storia e sulla Società. Per edizioni "Effedì" - casa editrice multimediale con un catalogo ricco di cose - ha pubblicato un bel libro "Kilometro lanciato, storie oltre il limite", che si occupa di un periodo che va dal 1867 al 1968. Seguirà una seconda puntata, che avrà - così mi ha detto Lorenzo - anche una parte video, di cui già qualche cosa è stato visto nelle diverse manifestazioni già svoltesi nei mesi scorsi. Ma il libro "congela" intanto - anche con del materiale fotografico - delle storie che rischiavano altrimenti di svaporare e, si sa, che una comunità senza memoria rischia grosso. Diceva il grande scrittore di montagna, Mario Rigoni Stern: «la memoria è determinante. E' determinante perché io sono ricco di memorie e l'uomo che non ha memoria è un pover'uomo, perché essa dovrebbe arricchire la vita, dar diritto, far fare dei confronti, dar la possibilità di pensare ad errori o cose giuste fatte. Non si tratta di un esame di coscienza, ma di qualche cosa che va al di là, perché con la memoria si possono fare dei bilanci, delle considerazioni, delle scelte, perché credo che uno scrittore, un poeta, uno scienziato, un lettore, un agricoltore, un uomo, uno che non ha memoria è un pover'uomo. Non si tratta di ricordare la scadenza di una data, ma qualche cosa di più, che dà molto valore alla vita». Proverbio in sostanza ha messo assieme i ricordi delle persone e la memoria collettiva e questo è prezioso per paesi come Cervinia, che come altre stazioni sciistiche rischiano - nell'andirivieni di tante persone - di non avere quegli ancoramenti identitari che sono preziosi per dare anche ai turisti il senso di una vita vissuta ricca di vicende. Per altro è proprio l'inizio del libro, che racconta gli anni pionieristici della genesi dello sci, a dimostrare quanto spesso rischiamo, per banale dimenticanza, di non essere consapevoli di come la Valle d'Aosta abbia dato e dia ancora allo sviluppo di questo sport - che ha modificato sostanzialmente la società alpina e la sua economia - un apporto importante nel flusso, ben più grande di noi, degli sport invernali e del loro contributo al Turismo, oggi un caposaldo. Seguono capitoli avvincenti, fatti di gare e di campioni, fra cui spicca agli albori quel personaggio straordinario che è stato Leo Gasperl, che ho avuto la fortuna di conoscere. Così come ho ritrovato, avendolo conosciuto ancora meglio, quel gigante della montagna - per un certo periodo valdostano - che fu Rolly Marchi con cui ho spesso discusso del turismo alpino e dei destini dello sci, oltreché di qualunque altra cosa, visto il suo carattere arguto e anticonformista. Per non dire di quella personalità travolgente - ed interessantissima anche per le sue vicende militari di uomo coraggioso e non manipolabile - che fu Giuseppe Lamberti (per tutti e anche per me, quando ero giovane cronista che saliva a La Magdeleine, il "Capitano Lamberti"), esperto di montagna e di turismo. Poi ci sono gli atleti, i loro record, le loro mattane, una "joie de vivre" di quegli anni che appaiono, come in una moviola al rallentatore, come straordinari e non afflitti da quel grigiore che oggi sembra dominare. Già il 1968 segna, come da titolo dell'ultimo capitolo aspettando il proseguo che ci porterà sino ai fratelli Origone ed ai loro record incredibili nel solco del "KL" che fu, «La fine di un'epoca». Così vanno le cose del mondo, fatte di alti e bassi, zig zag talvolta poco comprensibili per chi li vive, in una continua trasformazione dei medesimi luoghi, cambiando le persone che li abitano e le loro abitudini. Il "KL", per me bambino, era un adesivo appiccicato in camera e il sogno, poi mai realizzato, di scendere un giorno in picchiata da quella vertiginosa parete del Plateau Rosa.