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03 gen 2017

I nostri Natali

di Luciano Caveri

Capisco come il Natale nei suoi molteplici elementi, che ne fondano la ragion d'essere di data che troneggia nella nostra vita alla fine di ogni anno, abbia mille punti di osservazione possibili e ognuno guarda non solo a quel che gli interessa, ma pure la stessa cosa cambia a seconda della nostra personale sensibilità. Credo di avere detto molte volte quanto mi faccia venire il latte ai gomiti certa retorica buonista fatta di buoni sentimenti che dovrebbero fare da maquillage anche a chi, prima e dopo, resta un pezzo di carogna e non c'è perdono in terra e quel che capita in Cielo è ben più grande di me. Certo ogni simbolo del Natale ha una sua storia, che sia il Presepe, l'albero di Natale, le palline di vetro che lo ornano e le luci colorate, così le piante che ne sono diventate simbolo. Pure Babbo Natale ha un suo percorso e persino il 25 dicembre nasce da una scelta arbitraria, che fissa la storia della natalità di Gesù in quella Betlemme che ha ormai un pugno di cristiano in un Paese islamizzato. Le musiche natalizie sono come una serie di rivoli che confluiscono in un gigantesco fiume, in cui si sommano stili, sonorità, personaggi, vecchio e nuovo. Ci sono in questa festività, che non ha buttato nulla dei riti precristiani che si affollano attorno al solstizio d'inverno, novità che spuntano nei secoli e diventano tradizioni. Lo stesso vale per lo scambio di doni, che incombe come un rito pieno di calore, per chi ci crede e non cede al gesto meccanico e agli obblighi sociali. Ci sono dentro civiltà che si incrociano, contaminazioni, segni di fede e esagerazioni consumistiche.

Questo ormai è un Natale multiculturale che attraversa i Continenti e muove sentimenti e soldi. C'è la nostalgia degli anziani, la gioia dei bimbi, il senso della famiglia, i rimpianti di chi è solo. Si gonfia nell'attesa come un'ondata travolgente e, passato tutto, si sgonfia in una specie di bonaccia che avvolge tutto e il nostro Natale invecchia d'improvviso e diventa polvere fra le dita. Forse mai come quel giorno esiste il piacere della tavola e della convivialità, un mondo che si trasfigura nel volto sereno dei bambini, ma anche le tensioni irrisolte con certi parenti e l'amarezza per chi quel giorno non c'è più ed il vuoto si avverte. Pensare alla potenza della celebre poesia "Il Presepe" di Salvatore Quasimodo.

Natale. Guardo il presepe scolpito, dove sono i pastori appena giunti alla povera stalla di Betlemme. Anche i Re Magi nelle lunghe vesti salutano il potente Re del mondo. Pace nella finzione e nel silenzio delle figure di legno: ecco i vecchi del villaggio e la stella che risplende, e l'asinello di colore azzurro. Pace nel cuore di Cristo in eterno; ma non v'è pace nel cuore dell'uomo. Anche con Cristo e sono venti secoli il fratello si scaglia sul fratello. Ma c'è chi ascolta il pianto del bambino che morirà poi in croce fra due ladri?

Per me è anche il compleanno ed è qualcosa che incuriosisce quando - capita spesso! - bisogna declinare la propria data di nascita. Si presta poi a battute, tipo: «Un regalo solo? Bene che non ti abbiano chiamato Natalino! Peccato che tu non possa quel giorno fare la tua festa di compleanno...». A me in fondo la circostanza casuale ha sempre divertito, ma per altro - eccettuato che sono nato di otto mesi e dunque qualcosa di mio l'ho messo... - è vero che da piccolo la circostanza di mettere assieme il Natale di una famiglia riunita (oggi non c'è quasi più nessuno di loro) e l'emozione del compleanno creava un mix del tutto straordinario. Ma il rimpianto è inutile e vale semmai vale la bellezza di certi ricordi, che restano in qualche cassetto della memoria. Anzi, bisogna costruire circostanze e momenti nuovi per ricordi nuovi a beneficio nostro e di chi ci vuole bene.