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27 dic 2016

La Valle d'Aosta e la ghigliottina

di Luciano Caveri

La politica, in certi suoi passaggi, non risparmia mai qualche stranezza, specie quando il nervosismo è palpabile ed il rischio è che ci si smarrisca perché la bussola non funziona più. Leggo con viva sorpresa il parallelo fra le discussioni politiche - in chiaro ed en cachette - in corso in Valle d'Aosta ed il famigerato periodo del "Terrore" nel corso della Rivoluzione francese, quando lo strumento più adoperato fu quella macchina di morte, la ghigliottina, inventata da Joseph-Ignace Guillotin, quando caddero le teste di ben 2.918 persone. A creare questo ardito paragone storico è stato, in un'intervista a "La Stampa", Albert Lanièce, senatore della Valle d'Aosta a Roma, e noto appassionato e cultore di storia napoleonica e si sa che Bonaparte si destreggiò con perizia in quegli anni perigliosi.

Chi conosce le vicende intricate di quel tempo - ed io ho studiato per esempio l'interessante vicenda umana del valdostano Guillaume Cerise, nato rivoluzionario ad Aosta, diventato Generale delle truppe francesi e morto "Baron de l'Empire" a Parigi - credo che inviterebbe il nostro parlamentare a non comparare in modo ardito quel bagno di sangue - operato non solo con la ghigliottina - con certe polemiche odierne. Mi pare, infatti, senza entrare nel merito delle vicende politiche che si stanno sviluppando in Valle d'Aosta sia perché ne ignoro i contorni esatti sia perché gli esiti eventuali mi sfuggono, che semmai è proprio nella figura di Napoleone Bonaparte, mutatis mutandis, che bisogna ricercare qualche eco lontana che ci fornisca elementi di riflessione. Nel senso che semmai è proprio Napoleone, senza penetrare nelle molte letture psicologiche e persino psicoanalitiche, che potrebbe servirci per riflettere sui rischi del Potere e certa degradazione che porta lentamente a forme autoritarie, certo declinabili in diversi livelli di gravità. Così ogni situazione ha un suo contesto e dunque il presidente Augusto Rollandin non è certo Napoleone, ma ci sono celebri frasi dell'"Empereur" (Napoleone, dico), che sembrano non così distanti da certe realtà valdostane. Tipo: «On gouverne mieux les hommes par leurs vices que par leurs vertus» oppure «Le meilleur moyen de tenir sa parole est de ne jamais la donner» o ancora «Le mot de "vertu politique" est un non-sens» o infine «La bonne politique est de faire croire aux peuples qu'ils sont libres». Questa è semmai la riflessione su certe discussioni odierne sulla democrazia in Valle, poi il tempo - che dicono sia galantuomo - ci dirà chi lo dice in buona fede e chi no. Stupisce anche il ragionamento sulla legge elettorale regionale proposto dallo stesso senatore Lanièce, che sembra avere tra l'altro - a proposito di normative elettorali - dimenticato di aver votato quella legge per le elezioni politiche (non per la Valle, che ha mantenuto l'uninominale ma con i voti che - con palese distorsione - rientrano nei resti nazionali!) del tutto liberticida che è l'"Italicum", tra breve colpita da vizi di incostituzionalità per mano della Consulta. Come ha votato quella riforma costituzionale sonoramente bocciata dai valdostani, malgrado il suo personale impegno per sostenerla. Sulla legge elettorale regionale, che pure va modificata per tempo, nella distinzione del suo ruolo parlamentare con quello dell'Assemblea regionale, il Senatore dovrebbe intervenire con garbo e certo evocare il "Terrore" giacobino non è una premessa pacificatrice. Insomma: una gaffe, sanzionata largamente in Consiglio regionale, che è luogo che i parlamentari valdostani - e io l'ho sempre fatto - devono frequentare per confrontarsi in passaggi politici topici e sempre per le leggi Finanziarie. Chi non lo fa, passa dalla parte del torto e non può lamentarsi di chissà quale solitudine. Questi elementi di confusione, in momenti delicati e anche per il futuro pieno di insidie, la Valle d'Aosta non può permetterseli. E non lo dico per una sterile mozione degli affetti e resto contrario ad embrassons-nous che rendano indistinguibili le differenti posizioni sull'Autonomia, ma questo non significa non voler aggregare chi, invece, conscio delle difficoltà, vuole mettere assieme idee e pensieri in un lavoro fatto di programmi e progetti per una democrazia più compiuta, unica carta da giocare per avere una comunità consapevole e che guarda all'avvenire senza ricalcare stereotipi e cadere in nostalgie.