Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
24 lug 2016

Per evitare una vita artefatta

di Luciano Caveri

La vacanza serve se riesci attraverso questa pausa - sospesa nel resto dell'anno - ad uscire dalla solita routine, dovunque ci si trovi, che sia dietro l'angolo o in mete lontane. In fondo - me ne accorgo trovando ogni tanto nella mia Valle d'Aosta che penso di conoscere bene, un angolo nuovo, un posto mai visto, uno stimolo impensabile - perché anche a due passi da casa può esserci qualcosa di esotico. E' interessante come luoghi ed avvenimenti diventino poi come cerini che accendono la nostra memoria, a seconda delle esperienze fatte e che possono ritornare dal passato. Ha scritto Michele Serra e mi ci ritrovo: «Bastava l'avvento della notte, con tutte quelle stelle in festa, le luci delle barche sul mare, il crepitio e il puzzo delle zanzare e delle falene folgorate dalla graticola azzurrastra sospesa al muro del terrazzo, a cancellare ogni malinconia, a restituirmi all'interminabile felicità dell'estate».

So che oggi è difficile che questo "staccare la spina" sia sempre possibile: senza immaginare eremitaggi, da ragazzi, ottenuti i propri spazi di libertà e quando esercitarli era un vanto, si poteva fare quel che si voleva, andando in giro. Ricordo con i miei genitori l'uso della massima: «nessuna notizia, buone notizie». Cui corrispondeva anche una possibile distanza, volendo persino un distacco, dalla realtà quotidiana, vivendo senza notizie grandi e piccole da cui essere toccati e invasioni di campo di chissà chi ti potesse raggiungere mentre te ne stavi "on the road" in panciolle. Una sorta di "zona franca" cui soggiacere scientemente. Oggi, con tutto quel che capita, è certo meglio ogni tanto dire che si sta bene: ho trovato intollerabile la storia di parecchi italiani dati per dispersi dai parenti dopo la tragedia di Nizza solo perché non si sono fatti sentire, quanto era logico farlo non solo per rassicurare i familiari per evitare di complicare una vicenda già difficile. Per altro, con gli smartphone, è davvero complicato non essere rinvenibili e bisogna quasi sforzarsi. Esiste, infatti, una connettività attiva e passiva: cerchi tu contatti ed informazioni appiccicandoti ad un "wi-fi" oppure consumando i "contratti dati", dall'altra - direi specularmente - non puoi essere una monade per i fatti suoi, perché se tu non andassi alla ricerca del tuo mondo, lui cerca te e ti trova grazie a questo aggeggio con cui - finché la vista lo permetterà - sto scrivendo ora. Confesso di avere sperimentato nei giorni passati, garbatamente spinto da chi mi vuole bene e notava un certo rischio di maniacalità digitale da solitudine in mezzo alla folla per non dire di una sorta di dipendenza, una scelta drastica: lasciare per una parte della giornata il mio sofisticato telefonino da solo ad abbeverarsi al suo caricabatterie, come un cavallo legato alla staccionata fuori dal saloon. Penso che l'esperienza andrà saggiamente applicata nella vita quotidiana per avere spazi propri ed evitare di cadere nel rischio di avere un mondo parallelo che uccide la vita reale o almeno parti di essa. Così i "social" possono alimentare un'esistenza virtuale che finisce per rendere troppe cose artefatte.