Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
17 mag 2016

L'adultizzazione dei bambini

di Luciano Caveri

Credo che tutti abbiano letto le storie terribili che si sospetta siano avvenute in un casermone del rione "Iacp" del "Parco Verde" di Caivano in Campania. Due bambini che precipitano dal palazzone e, dopo troppo omertà, la rivelazione - avvenuta con la delicatissima confessione di bambini testimoni e malgrado l'invito al silenzio dei parenti - che si possa trattare di una turpe vicenda di pedofilia finita in omicidio. Non c'è povertà e non c'è esclusione sociale che possano neppure minimamente giustificare certi orrori, anche se certamente il grumo fra ignoranza e violenza genera mostri. Ma gli onesti e i corretti ci sono e certo giustificazionismo è davvero degno di miglior causa.

Esiste un fenomeno che mi inquieta e che vedo persino da noi in Valle d'Aosta, specie sulle bambine e si tratta della "adultizzazione". Il verbo "adultizzare" è registrato come neologismo dalla "Treccani" e così viene spiegato: "Rendere adulto, far diventare precocemente adulto. Il ministro Livia Turco nella sua relazione si soffermò appunto su una società che «adultizza» i più piccoli in modo precoce, «li riempie di cose ma li annoia, non consente loro di giocare quanto e come vorrebbero»". Ma poi nella pubblicistica il termine si riferisce anche al fenomeno di costume di bambine travestite anzitempo da donne adulte, di cui finiscono per essere tristemente delle caricature. Così, sulle vicende della piccola Fortuna Loffredo, che si sospetta sia stata gettata dal palazzo di cui parlavo all'inizio da un uomo accusato di aver tentato di proseguire violenze sessuali già compiute in passato, il giornalista e scrittore Corrado Augias aveva detto in televisione: «Aveva cinque o sei anni ma si atteggiava come se ne avesse sedici o diciotto». Nell'intervista con il conduttore Giovanni Floris è stata mostrata una foto della piccola: «Fa impressione il contrasto tra lo sfondo e la bimba. Ha cinque o sei anni e pure guardi come si atteggia, come è pettinata, guardi i boccoli...». Ovviamente non era, come hanno creduto in tanti che sui "social" lo hanno crocefisso, un tentativo di addossare qualche colpa seduttiva o chissà quale malizia alla povera bimba vittima di una violenza sordida, come dimostrato dalle perizie mediche sulla salma. E neppure - come pensarlo? - ad una giustificazione per il suo aguzzino perché "provocato" da una bimba cresciuta anzitempo. No, per carità! Corrado Augias ha infatti chiarito: «Ancora una volta si conferma il fatto che la comunicazione nei "social" è grezza ed approssimativa. Il mio era un ragionamento complesso e partiva dall'analisi di una foto che mi ha fatto fare un balzo dalla sedia. In quella foto è drammatico il contrasto tra la statua di un santo e una bambina abusata due volte, una dal suo carnefice e una dall'ambiente sociale nel quale ha consumato una infanzia perduta. Una mamma che pettina la figlioletta di cinque anni come se ne avesse diciotto è una donna che ha perso i riferimenti e, tra questi, la capacità di comprendere il sacro. Mi ha fatto pensare a quei mafiosi che si circondano di immaginette e simboli cristiani, senza poi materialmente seguire gli insegnamenti morali di quei simboli. Anche nella foto di Fortuna padre Pio diventa una statuetta pagana». 
Il padre di Fortuna, che si scoprirà in Tribunale come mai non si sia mai accorto di nulla, ha dichiarato: «Abbiamo denunciato Corrado Augias per diffamazione, è vergognoso quello che ha detto su mia figlia». Trovo poi su Linkiesta.it un'illuminante storia raccontata da Flavia Perina: «Viene qualche dubbio guardando la disinvoltura con cui la sessualità dei bambini, e pure il loro palese abuso, vengono messi in scena dal sottomercato più fiorente a Napoli, quello della musica neomelodica, che da anni lavora sull'evocazione della seduttività infantile. E non si parla di adolescenti ma di bambine delle elementari, otto o dieci anni, vestite e truccate e sculettanti come piccole adulte, che con i loro video fanno migliaia di condivisioni sul web. Una di queste clip, risalente a qualche anno fa (fece scandalo, ma poi tutto finì con un paio di articoli sul "Mattino") sembra una mostruosa anticipazione della tragedia di Fortuna, corredata dall'invito all'omertà e dall'esaltazione della giustizia fai da te. La protagonista è una baby cantante tra le più popolari battezzata "Piccola Anna", violentata e picchiata dall'amico della madre, e vale a poco il cartello finale del filmato in cui si invitano i bambini a "non fidarsi dei pitofili" (la parola "pedofili" è stata pure stemperata con una parodia) perché sono evidenti gli obbiettivi della atroce sceneggiata: solleticare la morbosità e il voyeurismo rappresentando una situazione proibita ma al tempo stesso ritenuta intrigante. La "Piccola Anna" è molto simile a Fortuna: ha gli stessi capelli biondi, la stessa età, gli stessi colori. E chissà quante bambine o bambini avranno guardato questo video desumendone una sorta di "normalità" dell'aggressione sessuale in famiglia, oltreché l'aperto messaggio a non confidarsi mai con estranei (e figuriamoci con la Polizia)». Questo è il punto, non altro.