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17 apr 2016

Il Papa a Lesbo

di Luciano Caveri

Una presentazione da dépliant suona più o meno così: "L'isola di Lesbo, o "Lesvos", è la terza per dimensioni tra le isole greche. E' un'isola ricca di storia che si perde nella profondità dei secoli, un luogo affascinante e vario. Patria di noti poeti antichi, come la poetessa Saffo ed il poeta Alceo, l'aedo Ariona, suonatore di cetra, il musicista Terpandro e Pittaco da Mitilene, uno dei sette savi dell'antichità". Saffo, da ginnasiali, ci faceva sempre venire un certo brivido perché negli anni Settanta parlare di lesbismo - anche per chi era di visione aperta - era pur sempre oggetto di stupidi lazzi. Eppure quei versi erano un potente inno all'amore.

"A me pare uguale agli dèi chi a te vicino così dolce suono ascolta mentre tu parli e ridi amorosamente. Subito a me il cuore si agita nel petto solo che appena ti veda, e la voce si perde nella lingua inerte. Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle, e ho buio negli occhi e il rombo del sangue nelle orecchie. E tutta in sudore e tremante come erba patita scoloro: e morte non pare lontana a me rapita di mente".

In questa terra antica, per via delle rotte dei nuovi negrieri che regolano a pagamento i flussi migratori, è andato - come già fece a Lampedusa - Papa Francesco, che ha detto fra l'altro: «voi, abitanti di Lesbo, dimostrate che in queste terre, culla di civiltà, pulsa ancora il cuore di un'umanità che sa riconoscere prima di tutto il fratello e la sorella, un'umanità che vuole costruire ponti e rifugge dall'illusione di innalzare recinti per sentirsi più sicura. Infatti le barriere creano divisioni, anziché aiutare il vero progresso dei popoli, e le divisioni prima o poi provocano scontri». Il Papa ha poi ricordato che «molti profughi che si trovano su quest'isola ed in diverse parti della Grecia stanno vivendo in condizioni critiche, in un clima di ansia e di paura, a volte di disperazione per i disagi materiali e per l'incertezza del futuro. Le preoccupazioni delle istituzioni e della gente, qui in Grecia come in altri Paesi d'Europa, sono comprensibili e legittime. E tuttavia non bisogna mai dimenticare che i migranti, prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, storie. L'Europa è la patria dei diritti umani, e chiunque metta piede in terra europea dovrebbe poterlo sperimentare, così si renderà più consapevole di doverli a sua volta rispettare e difendere. Purtroppo alcuni, tra cui molti bambini, non sono riusciti nemmeno ad arrivare:hanno perso la vita in mare, vittime di viaggi disumani e sottoposti alle angherie di vili aguzzini». La posizione del Pontefice, chiarissima nella sua generosità, non è sempre agevole da capire. L'apertura senza troppi se e troppi ma - e forse non potrebbe essere diversamente - appare importante ma ci sono parecchie cose che vanno discusse. La prima riguarda i meccanismi di regolazione dei flussi e i rischi che accoglienze senza regole rigide e chiare portino le popolazioni europee a forme di imbarbarimento. L'accoglienza, anche la più generosa, è fatta di diritti e di doveri. E se reticolati e muri rischiano pure di far saltar l'Europa, bisogna fare le giuste distinzione fra asilanti da accogliere e chi invece cerca solo chance economiche che l'Occidente anch'esso in crisi non garantisce affatto. Con attenzione poi per i terroristi che vogliono profittare dell'ospitalità europea per colpire l'Europa in nome dell'islamismo. Spiace scriverlo, ma chi nega l'identificazione con le impronte digitali - come noi facciamo per il passaporto - ha davvero qualcosa da nascondere!