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15 mar 2016

L'orticello minacciato dalle ruspe

di Luciano Caveri

Hai un bel sperare di vivere chiuso nel tuo guscio e guardare al mondo con disinteresse. Il mondo incombe malgré nous e non c'è eremitaggio che tenga, neppure in politica. Passare il tempo a rimirare il proprio ombelico od a ragionare sul potere locale e i suoi addentellati non sposta il problema, quando attorno a noi cresce e si sviluppa un ambiente ostile. Per capirci: riprende di tanto in tanto la discussione sul futuro dell'autonomia valdostana e nei prossimi mesi ciò varrà soprattutto in relazione alla riforma costituzionale voluta da Matteo Renzi. Una scarpa costruita per il suo piede, ma potrebbe non essere la prima volta che uno si fa delle norme per rafforzare il proprio potere e poi qualcun'altro le usa al posto del suo ideatore.

Comunque sia, se vincerà il referendum confermativo della riforma nel prossimo autunno, allora la Valle d'Aosta - e non certo gli esperti che ne discutono a Roma "en petit comité" senza delega alcuna - dovrà prepararsi, in ambiente ostile, a scrivere un nuovo Statuto. La proposta dovrebbe immagino venire dal Consiglio Valle, con qualche formula allargata di coinvolgimento di persone competenti e della società civile. Questo testo dovrebbe poi andare in Parlamento e dovrebbe come tempistica essere il prossimo ad occuparsene, perché in caso di vittoria su queste riforme Renzi galopperebbe alle elezioni anticipate nella primavera 2017. Ma leggevo l'altro giorno l'inizio di un editoriale del mio amico Alberto Faustini, direttore dei quotidiani di Trento e Bolzano. Ecco i passaggi che vorrei "sfruttare": "E' la sindrome dell'ombrellone. Immaginate la scena: stessa spiaggia, stesso mare, epoche diverse. Vent'anni fa il vicino d’ombrellone se ne usciva così: «Vieni dal Trentino-Alto Adige? Posto magnifico. Non c'è nulla fuori posto. Sembra d'essere all'estero. Ogni soldo speso si vede. Da noi i soldi li vedono gli assessori più che i cittadini. Complimenti». Dieci anni dopo. Lo stesso vicino. Frase un po' diversa: «Vieni proprio da un posto magnifico, dove anch'io sono stato spesso in vacanza. Certo, con quei soldi lì, come dice sempre il nostro governatore, anche la mia terra starebbe molto ma molto meglio. Speriamo che la diano a tutti, questa autonomia. Che invidia». Quest'estate, ritornello nuovo di zecca: «Ora basta con questa vostra autonomia. La usate solo per conservare le vostre ricchezze. Che rabbia». Poco conta - ed è questo che chi governa queste terre stenta a capire - quale di queste frasi sia giusta e perché. Conta la percezione. Conta la rabbia crescente. Conta l'aria che si respira. O che è irrespirabile". Basta sostituire Trentino-Alto Adige con Valle d'Aosta e i panni sono gli stessi. Sarà capitato anche a voi di notare come una campagna generalizzata abbia sortito questi effetti e oggi esponenti di spicco del più grande partito al Governo, il Partito Democratico, ma in passato analoghi discorsi venivano dal centrodestra, parlano senza peli sulla lingua di soppressione della specialità e di Macroregioni in cui annegare realtà come quella valdostana. Altro che "spending review" e "Patto di stabilità" con cui oggi si mortificano poteri e competenze delle autonomie differenziate, qui siamo ad uno scatto di qualità nella polemica e nelle proposte, facilmente vendibili per altro ad un'opinione pubblica che bolla le Specialità come un rimasuglio della Storia di cui liberarsi per «essere tutti uguali». Come un pugile massacrato dall'avversario, sarebbe bene uscire dall'angolo e far capire che nella difesa di diritti e nell'accettazione dei doveri abbiamo motivazioni e ambizioni, tessendo tutte le reti che invertano questa vulgata distruttiva dei ricchi, dei privilegiati e ormai pure degli antipatici. Ma in solitudine e chiusi nel nostro orticello ormai minacciato dalle ruspe non resisteremo a lungo. Ci vogliono volontà e iniziative politiche certo non sui certi sentieri già battuti e déjà vu, che sono - allo stato e per la qualità dei risultati di questi ultimi anni - nient'altro che vicoli ciechi.