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19 feb 2016

La legge non ammette ignoranza...

di Luciano Caveri

La frase è breve e apparentemente banale nella sua comprensione: "La legge non ammette ignoranza". Così da sempre si insegna agli studenti di giurisprudenza, ricordando uno dei primi articoli del "Codice Penale", ma in realtà nell'uso meno esatto dal punto di vista giuridico assume una valenza più generale e nella vulgata popolare viene di conseguenza usato in modo onnicomprensivo e non solo con riferimento specifico al Diritto. Anche se poi, ad essere pedanti, la locuzione latina originaria sarebbe "Ignorantia legis non excusat", letteralmente traducibile con "L'ignoranza della legge non scusa" oppure si rinviene nelle formule analoghe "Ignorantia iuris neminem excusat" oppure nell'assai simile "Ignorantia legis neminem excusat", cioè in italiano "L'ignoranza della legge non scusa nessuno".

Direi che non sfugge come la corrente frasetta cristallizzata in italiano non sia proprio la stessa cosa, anche se capisco che è una disputa linguistica che puzza di Accademia. La certezza è, esattamente all'inverso, che nel dedalo di normative, che attornia i cittadini qualunque sia la loro vita e la loro attività, scricchiola ogni certezza così tanto da far pronunciare, anni fa, la Corte Costituzionale con la nota sentenza numero 364/88. La Consulta dichiarò l'articolo in questione parzialmente illegittimo per il fatto che non prevede l'ignoranza inevitabile della legge penale. Anzi ad essere più precisi ma certo bisogna ragionarci su «nella parte in cui non esclude dall'inescusabilità dell'ignoranza della legge l'ignoranza inevitabile e quindi scusabile». L'"ignoranza inevitabile" può dipendere, infatti, da fattori soggettivi, come una carenza di competenze del cittadino per comprendere correttamente il testo normativo, ovvero all'analfabetismo; o da fattori oggettivi, come l'eccessivo numero di leggi, e successive modifiche, e la loro difficile reperibilità in Internet e nelle collezioni di riviste giuridiche. Poi la Corte di Cassazione ha a sua volta pronunciato diverse sentenze che hanno ulteriormente forgiato questa "ignoranza". Ci pensavo rispetto a due fenomeni osservati di recente, evidenti pur nella loro banalità. La prima è una mia idea fissa, osservata ieri nella salita verso il Col de Joux con strada regionale reduce da nevicata, con tutti i limiti di pulitura derivanti dai budget ristretti. Ebbene, malgrado la delibera regionale preveda antineve da ottobre ad aprile, casca l'asino sul rispetto. Chi le termiche ce le ha non ha problemi. Ma in molti si nascondono dietro le catene a bordo, ma - qui come altrove - sono troppi che queste benedette catene non le mettono e provano a salire lo stesso, infognandosi appena il declivio si fa più irto. Morale? Tutti lo sanno, ma i soliti noti fanno i furbi e vorrei sapere ogni inverno quanti siano quelli sanzionati. Idem la norma recentissima sulle "cicche" di sigaretta che non possono essere schiacciate per terra. Durante il Carnevale, a parte i furboni che fumano indefessi in mezzo alla folle e violano solo regole di buona educazione, ho visto decine e decine di fumatori spegnere le loro cicche in terra. Multe? Nessuna. Anzi, ho letto che la linea difensiva è: senza portaceneri in giro come fare? Sembra l'alibi di cartapesta di quei proprietari dei cani cui fa schifo prelevare la "pupù" del loro cagnolino e dunque la lasciano sul selciato per le manine dei bambini o la suola delle nostre scarpe! Ignoranza della legge o solo ignoranza? Propenderei spesso per la seconda possibilità.