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30 gen 2016

Il fascicolo sanitario elettronico a rischio flop

di Luciano Caveri

Erano molti anni che sapevo che era in corso la gestazione del "Fascicolo sanitario elettronico" anche in Valle d'Aosta con apposito gruppo di lavoro che macinava documenti. Per curiosità avevo visto che si trattava ormai di procedure ordinarie in altri Paesi, che funzionavano come orologi svizzeri nella logica di un uso intelligente dell'informatica e dei suoi sviluppi a vantaggio di sveltimento e semplificazioni. Talvolta basta ricopiare o meglio pagare i diritti per chi ci ha già lavorato al posto di inventarsi procedure e software, che alla fine rischiano di risultare più costose e macchinose. Poi da utente mi sono trovato di fronte a questo "fse-vda" (come da sito): chi ha scelto l'acronimo ("Fascicolo sanitario elettronico", appunto) pare essersi dimenticato che "Fse" è universalmente "Fondo sociale europeo", uno dei fondi strutturali dell'Unione Europea.

Ma quel che conta è la sostanza: per ora l'operazione non ha avuto successo, visto che su 124mila utenti valdostani interessati, sul portale che completa l'utilizzo figurano solo 5.636 cittadini. Pochi rispetto anche ai tredicimila che hanno provveduto nello stesso periodo ad attivare le tessere sanitarie, ritirando cioè i codici necessari presso gli uffici delle Usl e le biblioteche. Par di capire che molti di quelli che hanno completato le procedure lo hanno fatto per l'iscrizione dei propri figli ai primi anni dei ciclo scolastico, che deve avvenire con l'uso della tessera abilitata, senza la quale si resta fermo al palo e certi obblighi aguzzano l'ingegno. Sottoscrivo quanto ha scritto mia moglie Mara nella sua rubrica "Sans soucis" su "La Vallée": «Il tempo e le parole trascorsi per rendere utile quella tessera plastificata che molti avevano addirittura perso sono da far tremare i polsi. Soprattutto se si pensa che una qualunque banca, per consentirci di spendere soldi, riesce a fornirci senza che ce ne accorgiamo, strumenti analoghi, ma qualitativamente superiori. Un bancomat o una carta di credito non contengono il nostro gruppo sanguigno, ok, ma un loro uso dissennato può dissanguarci, quindi il livello di sicurezza è uguale se non addirittura superiore e questo deve farci riflettere. Sarà poi vero che quella tesserina azzurrina diventerà il centro nevralgico di un nuovo mondo in cui tutto passerà attraverso un chip ossidato già dal suo rilascio? Per certi versi lo auspico, per altri lo temo come una dermatite atopica prima delle vacanze. Perché, come tutte le rivoluzioni culturali, ci vorrebbe del buon senso e la possibilità di scegliere, almeno per un periodo. Una mia cara amica qualche giorno fa mi ha detto: "Non mi piace la matematica perché non lascia spazio di manovra, i numeri sono rigidi". Ecco, la nuova vita della tessera sanitaria per me è come la matematica. Ma chi non ha un computer a casa, per dire, il figlio a scuola come può iscriverlo? Certo, va a farsi rilasciare un'altra bella tessera plastificata che certifichi l'iscrizione al "Sistema bibliotecario valdostano" e, dopodiché, si prenota quelle quindici ore di postazione Internet per attivare la tessera e capire che, com'è logico solo nel "Paese delle meraviglie", la carta da utilizzare non è quella dell'alunno ma del genitore e inserire manualmente l'anagrafica di tutta la famiglia (ma a cosa serve allora la tessera?). Forse è per questo che la finestra d'iscrizione è di un mese? Viva la produttività, viva la semplificazione. Non oso pensare quando decideranno che quel chip dovrà servire anche per iscriversi al catechismo. Che Dio ci aiuti». Giustamente graffiante, perché alla fine o la tessera diventerà facile da impostare, amichevole nel suo uso e avrà davvero un utilizzo plurimo nel rapporto con l'Amministrazione pubblica oppure i cittadini la considereranno uno spreco.