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07 gen 2016

Parlare d'Europa in Svizzera

di Luciano Caveri

In questi ultimi anni, mi è capitato parecchie volte di passare l'ultimo dell'anno da amici vallesani, che sono anche valdostani per via della doppia cittadinanza. L'occasione - con la possibilità di incontrare diverse espressioni della società svizzera - è sempre molto interessante e non solo per godere dell'ospitalità in uno chalet di alta montagna di grandi dimensioni, difficilmente ritrovabile uguale sulle nostre montagne. La vecchia stalla, con un'opera accurata di restauro conservativo, è diventata la sala da pranzo, dove - aspettando la Mezzanotte e questo è l'aspetto più di sostanza - si incrociano le chiacchiere le più varie, come capita con piacevoli commensali e si sa che il Veglione è lungo.

Nella confortevole e ovattata Svizzera, autentica isola a riparo da molte tragedie della crisi e con un tasso di benessere elevato (ma con una moneta che si era persino troppo apprezzata sull'euro), uno dei temi significativi è l'Europa di oggi. E' vero che la Svizzera, specie per volontà dei germanofoni e del voto dei loro Cantoni, ha sempre rifiutato con referendum popolare l'adesione all'Unione, ma è vero che una rete fitta di accordi bilaterali ha avvicinato moltissimo la Confederazione elvetica alle politiche comunitarie. E oggi la stessa Svizzera, da questa posizione un po' dentro ma ancora molto fuori - mi si passi l'apparente paradosso - guarda all'integrazione europea e ai sui sviluppi con viva curiosità e ciò non sembri essere eccentrico, perché gli svizzeri hanno sempre vissuto una propria dimensione, ma con viva attenzione ai Paesi che la circondano e l'Europa è una dimensione a cui si sentono di dover sfuggire, ma l'accortezza di chi ha proprie peculiarità da difendere e una taglia relativamente piccola. Seguo da sempre il dibattito politico svizzero, pur nella singolarità delle loro regole democratiche, perché mi interessa il punto di vista "neutrale" di chi, malgrado tutto, ha un sistema istituzionale che resta ispirato al federalismo in cui credo. E va ricordato che in certi passaggi storici la Valle d'Aosta si era pure avvicinata alla possibilità di diventare un Cantone svizzero nel Cinquecento (ma scelse invece la fedeltà ai Savoia) e poi nelle tempestose vicende attorno alla Liberazione nel 1945 (ritengo, al di là di tutto, che la Svizzera tedesca fosse cauta ad aprire a una nuova componente "latina"). Dovessi dire la priorità che emerge è il tema caldissimo dell'immigrazione che accende gli animi in una Svizzera spostatasi a destra con le ultime elezioni politiche. Il tema è quali debbano essere i limiti e la regolamentazione dei flussi, che non è affatto una novità per la Svizzera, che ha sempre accolto immigrati, ma con regole e comportamenti certi. L'altro argomento, molto influenzato presso i francofoni dalla vicina Francia, è il confronto - forse troppo schematico nella percezione di molti - fra "souverainiste" ed "européiste", cioè detto rozzamente fra chi vuole un'Europa degli Stati e chi crede in un progetto europeo che implichi maggior integrazione politica e non solo economica. Fra i due estremi esistono parecchie posizioni intermedie. C'è chi estremizza, riprendendo tesi bizzarre da destra sociale con un'Europa che gli americani vorrebbero indebolire con armi varie, tipo l'islamizzazione forzata spingendo sull'arrivo dei migranti e chi, invece, vede nell'Unione europea il futuro a condizione che ci sia del federalismo vero nell'Europa di domani e senza questa garanzia l'europeismo sarebbe destinato ad essere cauti con sospetto, come un virus destinato a distruggere antiche certezze. Rassicuro sul fatto che, per fortuna, in queste occasioni si parla anche di argomenti ameni e si ride e si scherza, ma fa impressione scoprire che sembra diventato più facile parlare delle prospettive europee con una tavolata di svizzeri che con una tavolata di cittadini europei...