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14 ott 2015

Prossima fermata: Marte

di Luciano Caveri

Tutte le storie di fantascienza mi hanno sempre affascinato. Mentre da ragazzino leggevo il mio amatissimo Jules Verne, anche con il suo celebre "Dalla Terra alla Luna", gli americani sulla Luna ci arrivavano davvero. Il genere letterario, da Isaac Asimov in poi, ma anche il filone filmico, fornivano sempre l'impressione che quanto si immaginava finisse poi per realizzarsi, come si può vedere se vi capita mai di riguardare repliche di serie televisive come "Space: 1999", che fanno sorridere perché le tecnologie hanno galoppato persino più del previsto. E' vero che accanto a monumenti letterari e cinematografici la fantascienza offre anche prodotti scadentissimi e ripetitivi, ma è naturale che sulle tracce dei capolavori ci sono sempre dei pessimi ricopiatori.

Per altro lo Spazio affascina, basta mettersi a naso in su in una notte stellata e anche il più zuccone fra di noi, me compreso, si mette a riflettere su questa storia degli spazi infiniti. Mi è capitato di vedere delle animazioni nei planetari o nelle sale con vero 3D, come la "Géode" di Parigi, che ti offrono spunti per riflettere sul fatto di che cosa ci facciamo noi qui esattamente. Domanda antichissima su cui non vedo risposte davvero convincenti, almeno se non si ricorre alla trascendenza. Qualche settimana fa ho letto un'intervista al fisico britannico Stephen Hawking, quello la cui mente straordinaria è imprigionata in un corpo che soffre di un lento ma inesorabile degrado, anche se poi - con i suoi 73 anni di vita - ha sconfitto i medici che lo davano per morto già molto tempo fa. Lui, ad esempio, sui famosi alieni (da bambino si parlava di "marziani"), che abbiamo immaginato in mille modi, raramente in modo pacifico, ha le idee piuttosto chiare: «Se gli extraterrestri venissero a trovarci, il risultato sarebbe molto simile a quello che accadde quando Colombo sbarcò in America: non fu una cosa buona per i nativi americani. Questi extraterrestri avanzati potrebbero diventare nomadi, e cercare di conquistare e colonizzare tutti i pianeti dove riuscissero ad arrivare. Per il mio cervello matematico pensare alla vita extraterrestre è qualcosa di razionale. La vera sfida è scoprire come potrebbero essere questi extraterrestri». Ma la parte che ha fatto più scalpore è l'invito a muoversi nell'Universo alla ricerca di un approdo che salvi la vita alla razza umana: «Credo che la sopravvivenza della specie umana dipenderà dalla sua capacità di vivere in altri luoghi dell'universo, perché il rischio che un disastro distrugga la Terra è grande. Quindi vorrei suscitare l'interesse pubblico per i voli spaziali». Con questo spirito sono andato a vedere "Sopravvissuto - The martian" con Matt Damon, diretto quel monumento al cinema che è il regista Ridley Scott, che con "Blade Runner" ed "Alien" ha firmato film di fantascienza che sono nella storia. Il silenzio in sala per due ore e mezza ed il pubblico che neppure si è alzava con i titoli di coda dice tutto da solo per la qualità della pellicola, che sarà pure piena di retorica e di luoghi comuni, ma è meglio non fare gli snob o i cinefili con la puzza sotto il naso, perché il film è molto bello e emozionante. E offre soprattutto una riflessione sui voli spaziali di cui parla Hawking ed è sicuro, scartabellando sui progetti spaziali pubblici e privati, che Marte, il "Pianeta Rosso", sia davvero la nuova frontiera dell'esplorazione spaziale, se pensiamo solo al non banale battage pubblicitario di queste ore per il probabile rinvenimento di acqua... marziana. Mi ha fatto sorridere leggere che il secondo uomo che ha calpestato il terreno lunare, Buzz Aldrin, indossa spesso una maglietta con la scritta "Get your ass to Mars", che sarebbe il volgaruccio ma esplicito "Porta il tuo culo su Marte". Se poi andrete a vedere il film che ho citato, vedrete la ricostruzione credibile anche dal punto di vista scientifico, di come si presenta Marte e dei suoi incredibili panorami. Verrebbe voglia di farci un giro, ma temo non sarà possibile...