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07 gen 2015

Sepolti dagli oroscopi

di Luciano Caveri

Fra le cose da buttare via, perché inutili in questo periodo dell'anno come previsto dalla scaramanzia (cui, per altro, non credo, come si capirà), ci sono senza dubbio gli oroscopi. In questi giorni, tutti i mezzi di informazione si sentono in dovere di proporre le previsione astrologiche per il 2015 ed esiste anche - evidentemente perché il mercato la richiede - una stampa specializzata. Assieme ai primi nati dopo la Mezzanotte, ai riassunti sui fatti dell'anno appena trascorso e all'elenco dei buoni propositi, ecco - segno zodiacale per segno zodiacale e proposti in tutte le salse - gli oroscopi. Conosco l'obiezione: «Ma, alla fine, li leggi o no?». Se li trovo li leggo e, in questi giorni, più casalinghi, ho avuto modo di divertirmi negli aspetti comparativi. Gli astrologi non fanno "cartello", nel senso che sembra non valere quella logica tra imprese operanti nello stesso settore per fissare i prezzi delle merci vendute, in maniera da annullare la concorrenza. In questo caso non sarebbero i "prezzi" (anche se gli astrologi guadagnano bene, lucrando sulla credulità popolare) a prevedere un accordo, ma il buonsenso di coordinarsi per grandi linee su che cosa capiti a ciascun segno, traendolo dall'analisi di quel cielo che in realtà non esiste, trattandosi di un'invenzione vera e propria. Scelta che sarebbe innocua se non ci fosse chi su certe previsioni basa la propria vita. E' stata Margherita Hack, astrofisica, a scrivere in funzione antibufala: «In antico, le parole "astronomia" ed "astrologia" erano intercambiabili. La distinzione si fece via via sempre più netta, quando si prese a distinguere fra lo studio e le previsioni dei fenomeni naturali, compito dell'astronomia propriamente detta, e l'astrologia "giudiziaria": quella, cioè, che formula giudizi sulle persone e ne predice le sorti e il destino. Questo avvenne verso la fine del 1300. Fu da allora, che, dopo una maturazione di secoli, e per un complesso di ragioni che andavano da quelle filosofiche e religiose alle scientifiche ed economiche, si diffuse una rivoluzione culturale che sconvolse proprio il cielo e la terra. E neppure è un caso, se ebbe per maggiori protagonisti Copernico e Galileo, un prete e un laico: entrambi, credenti sinceri, ma sovvertitori, loro malgrado, di un vecchio ordine e tenaci costruttori di un nuovo, non più dominato da cause occulte e da influenze soprannaturali. Il primo, col mettere il Sole al centro del sistema planetario, rispondeva ad una esigenza semplificatrice, soddisfacendo anche meglio ad un diffuso sentimento platonico che vedeva nel Sole l'immagine di Dio. Il secondo, mentre introduceva un metodo di misura e precisione per leggere la natura come un libro non meno sacro della Bibbia, scopriva col cannocchiale dei mondi insospettati, e quasi una nuova rivelazione divina. E vero che con questo nuovo metodo teorico-sperimentale, e con tali scoperte, si finiva per smantellare un plurisecolare edificio, fondato tanto sul sentimento religioso quanto sul senso comune. E si arrivava a sloggiare il Paradiso e l'Inferno, dove una folla di Angeli, Diavoli e tutti gli uomini avevano (o avrebbero avuto) una loro ben ordinata e definitiva dimora. Ma se questo poteva turbare la coscienza popolare e mettere in difficoltà i teologi e il potere della Chiesa e dei principi, d'altra parte la maniera galileiana e newtoniana di fare scienza si dimostrava non meno razionale di quella precedente, e soprattutto così feconda di risultati, che era impossibile che la vecchia struttura non rovinasse con tutto quel che conteneva, compresa l'astrologia. Come si potevano paragonare le sue discutibili previsioni, con quelle calcolate mediante la teoria della gravitazione? Quale astrologo poteva anticipare, come fece Halley, il ritorno della cometa che porta il suo nome? Oppure, dalle perturbazioni osservate in alcuni pianeti, dedurre la presenza di altri corpi e scoprirli proprio dove gli astronomi indicavano?». Insomma, la scienza si afferma sulle balle. E conclude: «Eccoci, dunque, arrivati al tema dell'odierna diffusione della astrologia, la quale, secondo le statistiche, conterebbe, soltanto negli Stati Uniti, oltre trenta milioni di credenti; e in tutto il mondo sarebbe la religione più diffusa, sebbene lasci quasi indenni le classi colte, specie quelle di formazione scientifica. Succederà come nel III e II secolo a.C. quando l'antirazionalismo si diffuse irresistibilmente dal basso verso l'alto, e l'astrologia conquistò le classi colte? Secondo noi è impossibile, anche se tutti sentono il bisogno di una religiosità più unificante e comprensiva, e nei cieli ad alcuni sembri di riudire il "brusio degli angeli". (...) E allora quale conclusione trarre sull'astrologia? Risponderemo, anzi ripeteremo, che se fino a Copernico e Galileo era come un astro luminoso che non tramontava mai, dopo la rivoluzione scientifica è esplosa in mille pezzi, e ora ci appare come una di quelle comete che periodicamente visitano la Terra. Sono belle come l'astrologia, ma anche "fatte di niente" come l'astrologia. Sicché, almeno agli occhi della scienza, la gloriosa, millenaria avventura dell'astrologia è terminata in un "disastro": attributo di derivazione astrologica, dal greco "Dys-Astèr = cattiva stella"». Il proibizionismo non è una scelta credibile, ma meno oroscopi in giro sarebbero solo segno di buonsenso. Poi se uno vuole crogiolarsi nelle speranze, fatti suoi.