Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
04 nov 2014

Un uomo sul ponte

di Luciano Caveri

Oggi, andando in macchina verso casa, mentre affrontavo una rotonda, ho notato con la coda dell'occhio una persona corpulenta, che si trovava dall'altra parte del parapetto, sporta verso il vuoto, su di un ponte sulla "Dora". Mentre fermavo la macchina ed accorrevo, ragionavo che poteva essere una persona che aveva deciso di buttarsi per uccidersi, ma certo aveva sbagliato: c'era poca acqua nel fiume e il salto non era di certo mortale. Ma poi, mentre osservavo altra gente avvicinarsi prima di me e riuscire a far scavalcare l'uomo per farlo tornare sulla strada, ho capito d'improvviso la dinamica: c'era, infatti, una corda fissata al tubo di ferro del parapetto e dall'altra un nodo scorsoio già fatto. Voleva impiccarsi gettandosi nel vuoto! La persona - direi trentenne - sudata, tremante e con gli occhi pieni di pianto, è stata accompagnata alla macchina da persone amiche o forse parenti. Gli ho parlato e mi ha rassicurato e poi ho consigliato, a chi gli era vicino, di accompagnarlo all'ospedale. Così finisce, in pochi minuti, questa storia. Restano preoccupazione e emozione. Chi era? Perché? Cosa ne sarà di lui?

Ragiono, mentre guido, sul fatto di come, nella ragnatela quotidiana dei nostri incontri, capiti spesso di incontrare il dolore. E di come ci si senta impotenti di fronte a certe difficoltà e certi travagli. Se già in periodo ordinario questo è vero, lo è a maggior ragione in un periodo come questo il cui la crisi economica crea preoccupazione e disperazione. Un pessimismo cupo avvolge come un cappa la nostra società, dove già normalmente ci sono situazioni di difficoltà e di depressione. E' vero che dai periodi di crisi si esce. Serve a poco crogiolarsi nelle difficoltà, ma bisogna guardare con fiducia al futuro. Ma questo non significa affatto non essere obbligati a farsi carico di quanto angoscia, non funziona e alimenta tristezze e sofferenze. In democrazia non esistono solo le istituzioni, ma deve esistere una logica partecipativa e compassionevole, riassumibile nei capisaldi dello Stato sociale. Il cittadino e le famiglie non sono sudditi inanimati, ma soggetti cui devono essere garantite politiche imbevute di comprensione e di umanità. Nessuno nega che il Mercato e le sue regole comprendano anche il taglio agli eccessi di assistenzialismo e si combattano sprechi e rendite di posizione. Ma questo deve avvenire, specie per chi si ispiri ai valori del federalismo, attraverso un approccio attento anzitutto alla persona e alle esigenze della comunità che la esprime. La ricerca della Felicità, sancita nella vecchia Costituzione americana, con il suo valore retorico e semplicemente programmatico, può fare sorridere nella sua logica di affermazione "manifesto". Ma a questo in realtà bisogna mirare per dare valori umanisti e vitali alla politica, che altrimenti sarebbe davvero poca cosa.