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03 lug 2014

La miniera d'oro dell'enogastronomia

di Luciano Caveri

Capita spesso - e premetto che lo condivido - di sentire dire quanto le diverse Regioni italiane abbiano un giacimento aurifero nelle proprie eccellenze enogastronomiche. Chiunque - e io faccio parte della truppa - sia stato arruolato nei ranghi dei "viaggiatori curiosi" non può che ammettere che questa sia una pista da non perdere nel peregrinare per le diverse contrade. Noto con piacere come, tra alti e bassi, anche la piccola Valle d'Aosta veda crescere avventure imprenditoriali in questo filone e bisogna sempre farlo avendo la curiosità di guardare che cosa fanno gli altri. Esistono delle persone che possono servire come esempio e le loro intuizioni possono servire come punto di riferimento per le nuove generazioni, sapendo poi che i giovani devono, tenendo conto dei tempi e dei mutamenti, cercare una strada propria, perché non esiste mai un modello esattamente ripetibile. Ci pensavo con due esperienze dei giorni scorsi. La prima è stata la visita ad un'azienda vitivinicola assai famosa, "Braida" a Rocchetta Tanaro nell'astigiano con giro delle cantine, degustazione, occhiata alle vigne e infine cena nel ristorante di famiglia. La seconda è una serata nel celebre "Il Sorriso" a Soriso, un ristorante stellato, che da una collina domina il novarese, precursore nella qualità della tavola e che mantiene un'attenzione ai prodotti del territorio. Interessanti, in questo caso come quasi sempre dietro ad una "success story", sono le persone. L'azienda "Braida" (da un nomignolo della famiglia) nasce dall'intuizione di Giacomo Bologna, morto nel 1990. E' stato viticoltore e bon vivant, provinciale "illuminato" del genere divertente alla "Amici miei". Si deve a lui una nuova vita di un vino stranoto, la "Barbera", attraverso prodotti nuovi diventati proverbiali, come la "Monella frizzante" (così il papà di Giacomo chiamava la botte di "Barbera" più "vivace") ed il "Bricco dell'Uccellone" invecchiato - sua grande intuizione - in "barrique" (qui il nome del vino cela un'evidente e goliardica radice erotica). Esempio di come, partendo da un vino, assai diffuso ma senza pretese, si costruisca, grazie poi anche agli eredi del fondatore, un "impero" del vino, oggi con gamme differenziate di prodotto per un totale di ben seicentomila bottiglie l'anno su di un mercato ormai mondiale. A cena (per la cronaca con un menù accattivante), non a caso, mi sono ritrovato con l'unica tavolata "nazionale" in mezzo a turisti, amatori di vino e buon cibo, provenienti da tutto il mondo. "Il Sorriso", invece, è un "Relais & Chateaux" nato nel 1981. Lei, Luisa Valazza, è una grande e inventiva chef autodidatta, lui, Angelo Valazza, è il patron in sala e viene da una lunga gavetta alberghiera, che lo ha reso poliglotta. Anche qui si trovano, rielaborati, i prodotti del territorio, arricchiti da incursioni "esterne" di grande pregio. Angelo, raccontatore instancabile e arguto, mi ha descritto il ricchissimo carrello dei formaggi solo piemontesi, con una dedizione magistrale, zona per zona, nella sua periodica caccia alla ricerca del prodotto tradizionale, specie di nicchia. Così i molto formaggi, come esempio, sono un coro di delizie. Certo il poetico ma impegnativo menù degustazione, denominato "i profumi e le sensazioni", prevede, come contrappasso, qualche giorno di digiuno per spurgare le proprie colpe caloriche. Sul cibo aveva ragione il famoso Pellegrino Artusi: «Il mondo ipocrita non vuol dare importanza al mangiare; ma poi non si fa festa, civile o religiosa, che non si distenda la tovaglia e non si cerchi di pappare del meglio». Sul vino la fulminante battuta del grande Luigi Veronelli: «Il vino è il canto della terra verso il cielo». E così sia.