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13 mag 2014

Quello stato d'animo

di Luciano Caveri

La parola “umore”, riferita a come ci si sente, non fa parte del mio lessico, perché trovo più bella l'espressione "stato d'animo". Ci pensavo in queste ore, guardando - con stato d'animo conseguente - gli scenari che ci troviamo di fronte (per carità non nella vita privata, che è felice) nelle vicende pubbliche in Valle, in Italia, in Europa e nel mondo, avendo la fortuna di non avere ancora scovato una civiltà extraterrestre... Tempi e generalmente grami, che fanno di ogni telegiornale una sorta di "via crucis", per cui, alla fine, sei lieto di guardarti i polpettoni disneyani a lieto fine del pargolo ultimo nato. Meglio i cartoni che gli ansiolitici, che ho avuto la fortuna di non prendere mai. Mi capita ogni tanto, come immagino a molti, di guardare le foto della mia infanzia. La maggior parte sono in "disordine sparso" nella casa di famiglia di Verrès, contenute in scatole di cartone, a loro volta infilate in un grosso cassetto di un antico scrittoio di famiglia, che dà già da solo il senso del tempo che fu. Capita, cercando qualcosa, di finire seduti sulla moquette a guardare queste immagini dal passato, che cominciano con me scricciolo - nato di otto mesi il 25 dicembre del 1958, ore 20.10, peso due chili e tre etti - per poi attraversare i decenni successivi. Naturalmente spuntano altre foto familiari, specie dei miei genitori "giovani" o di parenti e amici vari, compresi quelli che ti domandi che fine abbiano fatto e non li trovi neppure scavando nei "social". Molte immagini sono ancora in bianco e nero, altre - per la tipologia - sono davvero frutto dell'evoluzione della fotografia. Quel che oggi stipiamo, in epoca di digitalizzazione, nella pancia dei nostri computer, allora si metteva o in appositi album o, nel mio caso, in buste che poi finiscono, a causa della consultazione, per mischiare le fotografie sino a creare bizzarre serie durante la loro visione. Per cui si passa da mio papà sorridente con una pettinatura altissima con brillantina vicino alla prima "Topolino" al sottoscritto in spiaggia con i "Ray Ban" e l'aria da playboy adolescente, da mia madre in montagna con giacca a vento anni Cinquanta e occhialoni da sole a mio fratello sugli sci mentre sfreccia fra le porte di uno slalom gigante. Eravamo più felici? O, come penso, a deformare esiste quell'effetto che dalla profondità della propria memoria che finisce, come avviene per la pellicina del latte nel colino, per far emergere solo quanto di bello è stato, cancellando le cose brutte? E' noto e ci arriva dal cuore della civiltà romana: "laudator temporis acti" e cioè "lodatore del tempo passato"). Questa espressione, che fa parte del "latinorum" da esibire nei discorsi, viene da Orazio nella sua "Ars poetica" ed è attribuita - vade retro Satana! - agli anziani. Non a caso, riferita ad un malanno della senilità, tipo vecchietto del "Far West" nel saloon, l'espressione completa è questa e colpisce dritto: "laudator temporis acti se puero" ("lodatore del tempo passato, quando egli era fanciullo"). In fondo è lo stesso filone del detto: "da giovani si è rivoluzionari, da vecchi conservatori". L'anziano sarebbe, in sostanza, un tradizionalista, non accettando le novità, per cui si diventerebbe nostalgici di passati regimi o noiosi narratori del loro tempo, quando tutto andava meglio ed era tutto "rose e fiori". Io trovo che, così come il diritto alla Felicità è un diritto costituzionale negli Stati Uniti, dovrebbe anche esserlo il diritto alla Nostalgia. Personalmente ho sempre, buttandola in politica, diffidato del termine "rivoluzionario" e crescendo ho avuto conferma di quante delusioni - tipo "zac” della ghigliottina, baracca del gulag o al campo di rieducazione - si siamo portati a casa tanti rivoluzionari, ma anche il termine "conservatore" non mi piace affatto per quell'aspetto museale che non ha nulla a che fare con la necessaria effervescenza di una vita umana, pena una morte anticipata rispetto a quella naturale. Per cui, malgrado mi piaccia guardare le foto del passato e baloccarmi coi ricordi, mi riconosco semmai di più nel termine "riformatore", perché è in questa ansia di trovare soluzioni migliorative della situazione attuale - per favore senza aprire fronti infiniti, come di moda - trovo uno dei veri "motori" della vita.