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21 apr 2014

Quando fra il dire e il fare...

di Luciano Caveri

"Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra". Così la "Bibbia" descrive il momento drammatico – il buio – dopo la morte sulla croce di Gesù. Il "Venerdì Santo" è dunque una giornata cupa, terribile, di disperazione per i cristiani, ma si sa che quel momento viene vissuto con la speranza della Resurrezione. Questa nostra religione, il cattolicesimo, stupisce sempre per la sua carica di profonda e straziante umanità nei momenti fondamentali, che vanno dalla vita alla morte e dopo ancora. Nella mia esperienza, ho conosciuto persone che si rifacevano anche nella loro attività politica a valori e idee del cattolicesimo e il giudizio su di loro non è mai stato univoco. C’è chi a certi valori evangelici ha davvero uniformato la propria azione, ma ce ne sono tanti che usano il filone della Fede in una logica "acchiappavoti", specie quando non esiste corrispondenza vera fra quello che si dice e i propri comportamenti reali. I peggiori sono quelli che si dimostrano, in politica, bugiardi e inaffidabili, persino in certi casi complici di malaffare, ma che si nascondono dietro quello che dovrebbe essere il caposaldo di una religione fondata sull’Amore, il perdono. C'è chi, squallidamente, ritiene che ci possa tranquillamente comportare male, cioè peccare (etimologicamente mettere il piede in fallo), perché tanto tutto è risolvibile con una bella confessione, che ti riporterebbe ad essere puro come un giglio. Questo in politica non è accettabile: non esiste uno smacchiatore rispetto alla morale pubblica e non c'è un'amnistia rispetto all'etica. Così Leonardo Sciascia, in un contributo su Luigi Pirandello e la sua capacità di scavare nelle contraddizioni umane, specie di una Sicilia che diventa con lui terra universale, così scrive di «quanto drammatico e traumatico possa essere l’impatto di chi autenticamente sente e intende il cristianesimo nella sua essenza evangelica (a parte la trascendenza e la dottrina che la regge), con una realtà che di fatto visceralmente lo stravolge, lo nega. E', a guardar bene, quel che accade a Pirandello, anima naturaliter cristiana che si scontra con un mondo soltanto nominalmente cristiano». Sono le mie osservazioni laiche, specie ricordando che proprio Sciascia ha spesso scritto di questa religiosità che finisce per diventare - con evidente paradosso - una "irreligiosità", che talvolta viene intrisa da culti esterni scenografici e magniloquenti o da ostentazioni a sproposito di una fede "materiale" per nascondere, di fatto, la realtà. Sarebbe bene, ogni tanto, rifletterci anche rispetto alla realtà valdostana. Non si tratta di mettere nessuno sul banco degli imputati, ma diventa sempre più insopportabile avere a che fare con chi vive di immagini di cartapesta.