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21 apr 2014

Alcol, divieti ma non solo

di Luciano Caveri

Non ho mai avuto problemi, nei controlli, per un tasso alcolico eccessivo in auto e sono da tempo cautissimo a bere se devo usare la macchina. Confesso che, se mi tocca guidare o bevo poco (giusto per educazione) o non bevo affatto, perché - al di là delle macchinette test nei locali, che trovo utili ma deprimenti - non so mai bene regolarmi per stare sotto la soglia. Questo è ormai uno dei temi di conversazione più "gettonato" nel corso delle cene fra amici. Sul punto esiste una ricca aneddotica: da qualche celebre ma improvvido «lei non sa chi sono io!» finito malissimo a chi per il tasso elevato si è trovato a essere obbligato a un trattamento psicologico e ad un misterioso e spietato prelievo dei villi dello stomaco. Da chi ha aspettato un attimo fra un soffio e l'altro senza successo a chi è scampato grazie alla pausa ristoratrice. Quel che mi turba di più è la messa all'asta dell'auto, in certe circostanze, che trovo essere un atto di una gravità inaudita, al limite della costituzionalità. Mi pare che abbia sortito come contromisura scambio di auto intestate fra moglie e marito, se festaioli, ma altri teorizzano che si va incontro in questi casi a multe salatissime. Intendiamoci bene: ogni norma rigida è sacrosanta, perché l'alcol in auto uccide chi guida e chi non c'entra niente. Per cui non chiedo sconti e trovo davvero che il modello non deve essere solo quello dei pulmini in affitto o dei servizi taxi un tempo calmierati dal pubblico, ma il riferimenti può essere sempre più quanto ho visto fare nel Nord Europa. Ci sono quelli nel gruppo che rinunciano alle libagioni e portano a casa chi ha alzato il gomito e non può guidare. Però non si può neanche sottacere che, nel migliore dei mondi possibili, non sono solo le misure repressive e la loro durezza che dovrebbero fare la differenza. Anche perché i dati sull'alcolismo in Valle negli ultimi rapporti noti sono sempre preoccupanti e la Valle d'Aosta è in testa percentualmente, purtroppo, alla classifica dell'alcool come causa di morte maschile e femminile fra le regioni italiane. Record tristissimo, che mostra come la severità automobilistica sia solo un aspetto macroscopico di un problema sociale. Problema che non si risolve con minacce e proibizionismi, ma proseguendo il cammino irto di difficoltà della "moral suasion" culturale e medica, che deve incidere su quei comportanti individuali che vengono chiamati "stili di vita". Noto su questo, senza moralismi o giudizi inutili, che c'è molto da fare sull'aspetto preventivo per lavorare sia sui momenti di festa per divertirsi con consapevolezza sia nella vita quotidiana in cui - l'ho visto di persona su persone care - la parabola discendente della "scimmia" dell'alcol non dà scampo.