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18 feb 2014

A Matteo Renzi

di Luciano Caveri

Il mio periodo di maggior vicinanza con il potere centrale, che definire "romano" non è ideologico ma la semplice constatazione dei fatti, è stato quando - fra il 1999 ed il 2000 - divenni, per qualche mese, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, a nome della componente autonomista del Gruppo Misto. Poi, con un cambio repentino, andai al Parlamento europeo, che era ruolo incompatibile con il Governo, anche se il nuovo presidente del Consiglio, Giuliano Amato, subentrato nello stesso tempo, mi aveva chiesto di restare alla Presidenza del Consiglio anche con maggiori responsabilità e questo mi lusingò. È stata utile quella prospettiva, di una autonomista che si trova in una funzione apicale del Governo nazionale e constata anche con divertissement come certi apparati statali guardassero con sospetto alla nostra autonomia, quasi fosse un fatto eversivo. L'esperienza mi ha creato, come conseguenza, una serie di convinzioni, che trasmetto - pur sapendo che si tratta di un messaggio in bottiglia, gettato nel mare in tempesta della politica italiana - a Matteo Renzi, che si è lanciato nel difficile cimento di governare l'Italia. Provo a farlo in alcuni punti, scegliendone fra i tanti possibili:

Penso che l’Italia sia un Paese non governabile dal centro e dunque ogni tentativo di riforma costituzionale in senso di accentramento politico e amministrativo peggiorerà le cose e, in questa logica, l'esperienza delle autonomie speciali, quelle che hanno funzionato, è una storia che non va affossata, ma semmai deve essere un esempio lungo l'unica strada possibile, forme differenziate di federalismo; La macchina dello Stato è sgangherata e lo è in particolare Palazzo Chigi e cioè quella Presidenza del Consiglio, che dovrebbe essere il motore, assieme al Parlamento, perché il nostro è e deve restare un regime parlamentare, che è una struttura vecchia e inefficiente da modernizzare; I peggiori nemici di chi governa sono le stratificazioni dei "grand commis" di Stato, che ruotano negli incarichi ma son sempre lì, mantenendo una solida rete di potere e profittando della velocità con cui i politici vanno e vengono e anche, in molti casi, della loro incompetenza; per questo bisogna svecchiare e rompere situazioni di autentico privilegio; Chi pensi di agire da Palazzo Chigi con la forza di "Mazinga Z", andando avanti come un rullo compressore, sappia che lo snodo del rapporto con il Parlamento è fatto di tanti incontri e capacità di mediazione, altrimenti la palude parlamentare - con le sue insidiose sabbie mobili - blocca anche le ambizioni più forti e le azioni più coraggiose; Chi governa deve contare sulla rete dei presidenti di Regione e avere anche un rapporto con i Consigli regionali per evitare proprio che la visione "romanocentrica" ti faccia perdere il senso della realtà e questo significa anche buoni rapporti con il sistema comunale, ma ricordando il rango costituzionale assegnato al livello regionale; Ma è indispensabile anche guardare in alto, al sistema di relazioni con l'Europa, oggi macchinoso e difettoso, che ci rende la "Cenerentola" dell'Unione europea: bisogna sveltire le istanze di decisione, pesare in tutte le riunioni che ci sono a Bruxelles con persone valide e competenti, così come il rapporto con le delegazioni italiane al Parlamento europeo ed al "Comitato delle Regioni" deve funzionare in una logica di sistema; Roma è una città tentacolare e corruttrice: chi ci lavora deve sapere che un conto sono salotti e amicizie, un conto la quotidianità da affrontare. Non è solo una questione di energie da non sprecare, ma certi giri finiscono per incidere sulla tua libertà, in un'Italia delle consorterie e delle camarille.