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15 set 2013

«Il tuo domandare eccede il mio sapere»

di Luciano Caveri

Ti guardi attorno e trovi, oggi come da sempre nella storia umana e in quella di ciascuna famiglia, drammi collettivi e tragedie personali e ti chiedi ogni volta il perché. Per quale ragione il dolore è in agguato, tema sviscerato nel tempo da filosofi, pensatori, artisti di tutte le provenienze, essendo un rovello che ci tocca e attorno al quale le religioni hanno costruito spiegazioni consolatorie. Ieri, rispondendo ad una lettera sul "Corriere della Sera", Sergio Romano raccontava di un libro, uscito nel 1937, dello scrittore ebreo austriaco Stefan Zweig, che cinque anni dopo - a conclusione di molte peregrinazioni per sfuggire alle persecuzioni naziste - decise di suicidarsi in Brasile con sua moglie (scrisse in una lettera: «Abbiamo deciso, uniti nell'amore, di non lasciarci mai») Il libro, intitolato "Il candelabro sepolto", l'ho comprato e letto su "Kindle" - comodo per l'immediatezza e il costo inferiore - per l'interesse che mi aveva suscitato. Trovo che la curiosità intellettuale vada soddisfatta subito, se possibile. E', quella raccontata, una storia che riguarda la "Menorah", il candelabro simbolo per eccellenza del popolo ebraico, che illuminava l'arca del Tempio di Gerusalemme. Dopo la distruzione del tempio e il saccheggio romano della città, nel 70 d.C., fu portata a Roma, in trionfo da Tito, persino raffigurato sull'Arco dell'imperatore. Poi a Roma arrivarono i Vandali che ne fecero, a loro volta, un bottino di guerra, portandola a Cartagine. Ma solo finché Giustiniano non riuscì a recuperarla per trasferirla a Bisanzio, poi chissà dove sarà sparì (nella post-prefazione al libro si ipotizza possa essere a Roma). Non a caso la vicenda viene usata come metafora del popolo ebreo e del suo essere errante nel corso della storia. Ma vale per un interrogativo universale. Così riassume Sergio Romano un passaggio molto lungo fra un bambino, voce dell'ingenuità, e un rabbino, voce della conoscenza: "Un bambino, Benjamin, chiese al rabbino Elieser: «E Dio? Perché permette questa rapina? Perché non ci aiuta? Perché tiene la parte dei ladri e non quella dei giusti?». Elieser gli disse con franchezza: «Non lo so perché non conosciamo i disegni di Dio e non immaginiamo i suoi pensieri». Parlò ancora qualche minuto e infine disse: «Ora non chiedere di più perché il tuo domandare eccede il mio sapere»". Pensate poi a cosa è stato - per certe domande - la tragedia dell'Olocausto. Il male, insomma, rispetto al quale esiste un limite invalicabile nella comprensione, che è fatto anche di dubbi e di mistero.