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05 giu 2013

La forza del volontariato

di Luciano Caveri

So già come finirà questa storia, di cui si è parlato in questi giorni, del rischio che - per mancanza delle ore di esercitazione rese necessarie dalla legge - metà dei Vigili del fuoco volontari della Valle d'Aosta (circa 450 persone) possano essere esonerati, se non giustificassero debitamente il perché del mancato aggiornamento. Interverrà, a spegnere l'incendio, chi lo ha appiccato, perché il Corpo dei Vigili del fuoco professionisti, dal cui Comando proviene la lettera, dipende dalla Presidenza della Regione e il paradosso sarà che il Presidente della Regione - hip hip hurrà! - "salverà" tutti i pompieri, smentendo i suoi stessi uffici che hanno creato il caso! Conosco la tecnica: si crea il problema, dici di non saperne nulla, intervieni in modo salvifico e molte persone fanno la "ola". La modalità l'ho vista applicata molte volte con astuta ripetitività. Contenti loro... In verità si vede in controluce una vecchia storia di rivalità, alimentata da una piccola parte dei pompieri professionisti verso i volontari ed è un peccato che ciò avvenga, soprattutto perché è una guerricciola inutile. E proprio perché bisogna tenersi stretti i volontari, specie quelli veri e non quelli che, per riffa o per raffa, hanno trasformato in mestiere questo loro impegno. Che può anche andar bene che avvenga, ma è altra tipologia, perché quel cambiamento va chiamato con il suo nome, senza che vengano adoperati paraventi. Per questo, con il contrarsi della spesa pubblica, bisogna tenersi strette le diverse forme di volontariato, specie appunto quella modalità genuina, definita dai francesi "bénévole" ("Personne qui accomplit un travail sans recevoir de salaire et de façon volontaire"). Ho, in questo senso. sempre pensato che ci sia una grande azione da perseguire, in particolare nella "Protezione civile". In un realtà piccola come la nostra, ci vuole una cittadinanza attiva e consapevole con nuove forme di organizzazione popolare. Il cambiamento climatico è una sfida perché la fragilità del territorio alpino è crescente e bisogna che tutti sappiano cosa fare e, se formati, rendersi utili nei diversi settori di competenza. Seguendo la tragedia dell'inondazione del 2000 e altri fenomeni meno gravi, mi sono convinto che i piani di "Protezione civile", di cui ogni Comune si è dotato, vanno riempiti di volti: dal Vigile volontario alla cuoca, dall'elettricista al contabile, dal giornalista all'infermiera. L'emergenza, anche quella più grave, si affronta meglio se la comunità sa cosa fare e su chi contare.